sabato 27 aprile 2019
I tempi lunghi della nostra politica «Il governo ha deciso di potenziare la parziale detassazione solo per chi rientrerà a partire dal 2020»
I giovani delegati che hanno partecipato al seminario dei "cervelli in fuga" partiti da Palermo: 115 giovani italiani emigrati, ma anche di seconda e terza generazione

I giovani delegati che hanno partecipato al seminario dei "cervelli in fuga" partiti da Palermo: 115 giovani italiani emigrati, ma anche di seconda e terza generazione

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L’ultimo a decidere di rientrare dall’Inghilterra è stato Roberto Galli, 30 anni, alle spalle la “fuga” dall’Italia appena dopo il diploma, la laurea in ingegneria elettronica a Londra, la brillante carriera in un importante società di media e telefonia. Il giovane manager ha colto l’occasione di un’offerta da Uber per una posizione importante nella sua sede di Milano e ha lasciato la City a inizio aprile cavalcando l’onda dei rientri innescata da Brexit.

Su cui ancora non ci sono numeri ufficiali, ma che sta assumendo giorno dopo giorno una portata sempre più dirompente. «Non ero sicuro di voler tornare, lo ammetto – racconta –. La differenza di lordo tra quello che prendevo a Londra e quello che mi offrivano in Italia era del 30%. Ma in parte il clima ostile verso la forza lavoro straniera, cresciuto fortemente negli ultimi mesi, e in parte il mio desiderio di tornare a casa, almeno per un po’, mi hanno spinto a prendere seriamente in considerazione il cambiamento ». Il resto l’ha fatto il gruppo Controesodo, una rete di oltre 500 “cervelli rientrati” in Italia che dal 2015 si è messa a disposizione di chi lavora all’estero e valuta l’ipotesi di fare ritorno nel Belpaese (oltre 12mila persone in appena 4 anni quelle entrate nel circuito, con un ritmo di 10/15 nuove richieste di consulenza al giorno). Obiettivo: mettere sul tavolo tutti i pro e contro, a cominciare dal nodo – decisivo – degli incentivi fiscali previsti da Roma.

A coordinare il tutto c’è Michele Valentini, top manager milanese, anche lui rientrato in Italia da Londra dopo un’esperienza di lavoro nel mondo della finanza: «L’idea di Controesodo è nata proprio dalla mia esperienza personale. A fine 2012, quando ho deciso di tornare a casa, ho toccato con mano tutti gli aspetti economici legati alla mia decisione». Che, nonostante la stragrande maggioranza di chi valuta di rientrare in Italia non lo sappia affatto, sono decisamente vantaggiosi. «Per chi decide di tornare attualmente è prevista un’esenzione fiscale del 50% del reddito per 5 anni dal momento dell’acquisizione della residenza fiscale in Italia» spiega Valentini. Le condizioni sono: essere laureati, aver lavorato all’estero per 24 mesi, oppure aver studiato all’estero per 24 mesi e aver conseguito un titolo accademico. Ulteriormente privilegiato il trattamento per docenti e ricercatori: «In questo caso l’esenzione arriva al 90% del reddito, per 4 anni».

Misure su cui il governo gialloverde ha deciso di intervenire con un ulteriore spinta nel Decreto crescita: «Il testo prevede in sostanza che nel primo caso, quello dei lavoratori, la riduzione dell’imponibile passi dal 50 al 70% – continua Valentini – e che in quello dei ricercatori il periodo di esenzione si allunghi a 6 anni e addirittura fino a 13 in specifiche condizioni (il numero di figli minorenni e l’acquisto di una casa in Italia, ndr) ». Tutto bene, ovviamente. Anche perché – i consulenti del gruppo Controesodo ne sono convinti – la possibilità di rimettere in circolo nell’economia e nella ricerca italiana “cervelli persi” non ha prezzo: «L’alternativa sarebbe non averli del tutto, senza contare quanto la presenza di professionisti di alto livello formatisi al mercato del lavoro europeo ci renda più competitivi, sotto ogni aspetto » continua Valentini. Il problema è però l’anno in corso, cioè quello di Brexit, in cui secondo gli esperti si potrebbe assistere a un rientro copioso di talenti “volati” a Londra e dintorni. Ed ecco il nodo: il governo ha previsto che le nuove agevolazioni entrino in vigore soltanto nel 2020.

«Un autogol a nostro avviso – prosegue Valentini –, oltre che una misura in partenza viziata dall’iniquità. In questo modo ci si dimentica sostanzialmente di chi ha fatto già una scelta di profonda fiducia nei confronti del Paese rientrando prima». Il paradosso, insomma, di una norma che potrebbe finire per allontanare i cervelli provenienti dall’Inghilterra piuttosto che avvicinarli. E anche per convincere quelli rientrati a ripartire: decisione che coinvolge comunque già il 50% dei cervelli riacquisiti al termine del periodo di incentivi, segno che – forse – le agevolazioni, di qualsiasi tipo siano, ancora non bastino a rendere il nostro Paese un posto migliore per chi è in cerca di futuro.

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