sabato 20 ottobre 2018
«Diritti non rispettati». Viminale: degrado per colpa degli ospiti. Duello a distanza sulle condizioni di permanenza dei migranti nelle strutture
Il rimpatrio di un gruppo di migranti (Ansa)

Il rimpatrio di un gruppo di migranti (Ansa)

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Gli attuali Centri per il rimpatrio degli immigrati irregolari? «Claustrofobici, non adeguati, somigliano a carceri ma senza analoghe garanzie per chi vi è trattenuto ». È la valutazione del Garante nazionale per i diritti dei detenuti e delle persone private di libertà, Mauro Palma, che manifesta ad Avvenire le sue perplessità «nel caso in cui le strutture attuali vengano utilizzate, come dispone il nuovo decreto sicurezza, per ospitare persone fino a 180 giorni in vista del rimpatrio». Rilievi, dubbi e raccomandazioni sono elencati in un rapporto, inviato al Viminale a settembre e reso pubblico ieri dall’ufficio del Garante (composto anche da Daniela de Robert ed Emilia Rossi), in merito alle visite effettuate fra febbraio e marzo in 4 dei 5 Cpr finora attivi: Brindisi-Restinco, che al momento della visita ospitava 43 persone a fronte di 48 posti; Palazzo San Gervasio a Potenza il 21 febbraio, con 33 ospiti, a fronte di 72 posti (che diventeranno 152 a lavori completati); il Cpr di Bari, con 89 immigrati a fronte di 90 posti; quello di Torino, con 171 persone (di cui 20 richiedenti asilo) a fronte di 175 posti. Ai rilievi, il Viminale replica punto per punto – con una lettera dell’11 ottobre, firmata dal prefetto Gerarda Pantalone –, rivendicando gli «sforzi per migliorare le strutture», spesso vanificati dai «continui e violenti comportamenti degli ospiti in danno dei locali e degli arredi». Nella lettera, peraltro, il prefetto comunica come il Viminale non abbia ricevuto il rapporto del 2017 sui Cie.

Un manganello a Brindisi, alcune «celle» a Torino. La vita nei Cpr, osserva il Garante, è «assimilabile a quella di un ambiente carcerario ». Nel rapporto si manifesta preoccupazione per la presenza di alcune «celle di sicurezza» nel «livello interrato » del Cpr di Torino, che non erano state preventivamente segnalate al Garante. Nel dossier s’invocano più garanzie sul piano dei diritti alla difesa, della riservatezza e dei reclami di chi è trattenuto. E si denuncia la mancanza «nelle aree mediche di registri che riportino le lesioni di qualsiasi causa riscontrate in sede di visita degli ospiti». Inoltre, nel paragrafo «strumenti atti a offendere», si riferisce come «durante la visita al Cpr di Brindisi-Restinco, il Garante ha trovato appoggiato sul tavolo della sala dei colloqui un manganello appartenente a uno degli agenti delle Forze di Polizia in servizio nel Centro». Il Garante «stigmatizza tale fatto, ritenendo che il personale non possa introdurre nel Centro, salvo specifiche esigenze, qualsiasi oggetto che possa essere utilizzato – o percepito come utilizzabile – quale strumento di minaccia o violenza».

Blatte e docce rotte. Nel rapporto, il Garante elenca diversi «fattori di grave criticità » che non hanno solo a che fare con i danni alle strutture, spesso fatiscenti: l’assenza di locali e ambienti per le attività in comune»; il divieto di attività ricreative; la mancanza di spazi adibito a luogo di culto. I bagni? Fatiscenti o, a Torino, senza porte, con poche docce (una su quattro) funzionanti. In altri casi, «i migranti sono costretti a mangiare in piedi all’esterno o seduti sui letti». Ancora, si legge dei let- ti senza lenzuola a Bari e di blatte nel Cpr di Potenza. Situazioni che «pregiudicano pesantemente la qualità della vita» e determinano il «rischio di degrado anche nell’esercizio dei più elementari diritti primari».

Minori, richiedenti asilo. Altro nodo, in tutti i Cpr visitati, è «la promiscuità delle persone trattenute», ossia il metter insieme «differenti posizioni sul piano giuridico »: detenuti per irregolarità amministrativa; soggetti provenienti dal circuito penale; persone che hanno richiesto asilo successivamente alla loro collocazione nei Cpr. Tale «mescolanza», avverte il Garante, può favorire «contatti col mondo dell’illegalità», anche perché «non tutti gli ospiti vengono effettivamente rimpatriati ». In più la relazione denuncia due casi di giovani tenuti nel centro brindisino, nonostante avessero dichiarato la minore età: il primo per sei giorni; il secondo per otto. Ciò nonostante una legge del 2017 stabilisca che nelle more dell’identificazione vada garantita l’accoglienza in strutture per minori. In generale, conclude Palma, il Viminale «durante le nostre visite ha mostrato piena collaborazione. Confidiamo perciò che tenga nella dovuta considerazione le nostre raccomandazioni ».

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