venerdì 4 dicembre 2015
​Il 49esimo rapporto sottolinea la mancanza di progettualità e di fiducia nel futuro. Gli italiani riscoprono l'arte di arrangiarsi: i giovani emigrano o diventano piccoli imprenditori, si torna ad investire nel mattone. Ma la ripresa va al rallentatore.
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Una società in letargo esistenziale, un Paese non più capace di progettare il futuro, nè di produrre interpretazioni della realtà, per cui finisce per restare prigioniero della cronaca (scandali, corruzioni, contraddittorie spinte a fronteggiarli). È un'Italia dove crescono le disuguaglianze e gli egoismi, dove le pur apprezzabili riforme realizzate dal governo faticano a suscitare consenso, dove la crescita avviene puntando su "ciò che resta" dei grandi soggetti economici, politici e sociali che hanno indirizzato la società negli anni passati. È la fotografia dell'Italia scattata dal 49esimo Rapporto del Censis, presentato oggi.  Rispetto agli anni passati - si legge nella Considerazioni generali del rapporto - quest'anno spicca il rilancio del primato della politica, "con un folto insieme di riforme di quadro e di settore, e la messa in campo di interventi tesi a incentivare propensione imprenditoriale. E c'è stata la ricerca del consenso d'opinione sulle politiche avviate, per innescare nella collettività una mobilitante tensione al cambiamento". Ma questo sforzo è in parte fallito. La dialettica tra società e politica è entrata in crisi: non riesce a produrre un progetto generale di sviluppo del Paese, e di conseguenza non produce una classe dirigente. Così gli italiani sono costretti ancora una volta ad arrangiarsi, facendo ricorso ai pilastri di sempre: la "saggezza popolare", la capacità inventiva, aiutati da una composizione sociale poliedrica, lontana dagli schemi di classe e di ceto. "Esempio ne sono i giovani che vanno a lavorare all'estero o tentano la strada delle start up - è scritto nel Rapporto -. Oppure le famiglie che accrescono il proprio patrimonio e lo mettono a reddito (con l'enorme incremento dei bed&breakfast), le imprese che investono nella green economy, i borghi turistici, la silenziosa integrazione degli stranieri nella nostra quotidianità, l'intreccio tra successo gastronomico e filiera alimentare".

È "l'Italia dello zero virgola", annota il Censis, in cui le variazioni congiunturali degli indicatori economici sono ancora minime e continua a gonfiarsi la bolla del cash cautelativo. Gli italiani, cioè, preferiscono tenere fermi i risparmi, perchè temono il futuro. D'altro canto il risparmio è ancora la scialuppa di salvataggio nel quotidiano, visto che nell'anno trascorso 3,1 milioni di famiglie hanno dovuto mettere mano ai risparmi per fronteggiare gap di reddito rispetto alle spese mensili. Riparte il mattone, come sembra segnalare il boom delle richieste di mutui (+94,3% a gennaio-ottobre 2015 rispetto allo stesso periodo del 2014) e si diffonde la propensione a mettere a reddito il patrimonio immobiliare: 560.000 italiani dichiarano di aver gestito una struttura ricettiva per turisti, come case vacanza o bed&breakfast, generando un fatturato stimabile in circa 6 miliardi di euro, in gran parte sommerso. In un quadro di criticità, il turismo verso l'Italia rappresenta invece un record positivo: siamo una destinazione tra le più ambite dagli stranieri, che tra il 2000 e il 2014 hanno incrementato la loro presenza del 47,2%. L'altro dato incoraggiante riguarda la maggiore propensione all'acquisto di beni durevoli, nonostante la situazione di incertezza. Il 5,7% delle famiglie (più del doppio rispetto all'anno scorso) ha intenzione di comprare un'auto nuova e se andrà così si avranno nel 2016 circa 1,5 milioni di immatricolazioni, come non si vedeva dal 2008. Il Rapporto Censis conferma il trend digitale degli italiani: ormai in 15 milioni fanno acquisti su internet, e l'home banking è praticato dal 46,2% degli utenti del web. Infine, uno sguardo a come cambiano "i piani terra" delle nostre città. In calo i negozi di abbigliamento, calzature, ferramenta, macellerie. Crescono invece i take away (+37% tra il 2009 e il 2015), i ristoranti (+15,5%), i bar (+10%), le gelaterie e le pasticcerie (+8,2%).

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