venerdì 8 ottobre 2010
Con il via libero di ieri il governo considera realizzato il 90 per cento della riforma. Processo graduale fino al 2016. Soddisfatto Bossi, governatori perplessi ma non chiudono al dialogo. Tremonti: invariato il peso delle tasse.
- Federalismo alla prova della concretezza e dell'unità di Sergio Soave
COMMENTA E CONDIVIDI
Il processo federalista «è quasi terminato», anche se «l’impressione è che stiamo cominciando». Giulio Tremonti ha presentato così nella sala della Maggioranza (guarda caso...), al Tesoro, il decreto legislativo che il Consiglio dei ministri aveva approvato poco prima, ieri mattina. In un colpo solo vanno al delicato passaggio in Parlamento, dove dovranno essere esaminati dalle commissioni competenti, i testi (unificati a sorpresa) sul federalismo regionale - cioè sulle tasse con cui le Regioni dovranno finanziarsi - e sui costi standard per le spese di ospedali e Asl, le aziende sanitarie. L’intero sistema sarà applicato per gradi e andrà a regime, negli ultimi dettagli, dal 2016 (ma il grosso già dal 2014).Il ministro dell’Economia ha "festeggiato" assieme al collega Roberto Calderoli (Semplificazione), che per la Lega ha curato la pratica, e ai titolari della Salute, Ferruccio Fazio, e degli Affari regionali, Raffaele Fitto. E ha annunciato che ora, archiviata la prima fase del federalismo (i testi dovranno tornare poi in Consiglio dei ministri) che prevede «il principio dell’invarianza» delle tasse, «il governo chiederà la delega per la riforma fiscale». «Ci risiamo, già nel 2001-2006 chiese la delega», ha ironizzato il pd Fluvi.In generale, comunque, Tremonti è «convinto che il meccanismo federalista unisce e non divide, e raddrizza l’albero storto della finanza pubblica», come ha detto riprendendo un’immagine già usata da Umberto Bossi, che ha definito inoltre l’ok di ieri «un buon segno per il prosieguo della legislatura». L’accelerazione impressa da Berlusconi (e l’accorpamento dei due decreti iniziali) è risultata indigesta però ai presidenti delle Regioni, chiamati a confrontarsi con scelte già compiute. «Non condividiamo la scelta unilaterale del governo, sotto il profilo del metodo e, dunque, dei rapporti», ha detto il presidente, Vasco Errani in una improvvisata conferenza stampa tenuta in una pausa della Conferenza delle Regioni. Una forte critica è arrivata anche dal presidente della Regione siciliana: per Raffaele Lombardo «si è forzata la mano andando ben al di là degli spazi concessi dalla Costituzione. Non il federalismo – ha proseguito –, ma il suo feticcio viene agitato per illudere che l’obiettivo sia stato conseguito». I governatori, tuttavia, stavolta non chiudono la porta al dialogo, come ha rimarcato Renata Polverini (Lazio): «C’è la volontà di rimanere interlocutori». Le difficoltà maggiori, peraltro, sono sulla definizione dei costi standard in sanità, capitolo sul quale ci sono le rassicurazioni di Fitto (e Fazio ha aggiunto che una delle Regioni di riferimento «è possibile sia al Sud»). Anche l’Anci (i Comuni) si mantiene cauta: dopo la Conferenza Unificata, ha fatto sapere che l’esame del decreto sul federalismo municipale «è stato rinviato ed entro il 14 vorremmo arrivare a un accordo complessivo» su Patto di stabilità, manovra e federalismo.Sulla parte più fiscale, invece, sembrano esserci meno problemi. D’altronde è stato Tremonti stesso a spiegare che sono le Regioni che «ci hanno chiesto l’Iva, noi pensavamo che il federalismo regionale potesse basarsi sull’attribuzione di gettito di imposte dirette e invece, su loro richiesta, siamo tornati all’Iva». Una strada, questa, su cui Tremonti si è detto in dissenso ricorrendo a un esempio concreto: «Se compri una lattina di "coca-cola" paghi l’Iva, ma non pensi certo alla Regione» dove l’hai comprata. E Calderoli, nello spiegare i ritocchi che subirà l’addizionale Irpef, ha sostenuto che, all’interno di questo meccanismo, le Regioni potranno impegnarsi ad avviare un «inizio di quoziente familiare».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: