venerdì 21 settembre 2012
​Una nota della presidenza nazionale dell’Ac invita a sottrarsi al falso dilemma sul sì o no a nuovi soggetti.
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Più che sui contenitori, parlando di cattolici sulla scena pubblica, bisognerebbe mettere l’accento sui contenuti. E innanzitutto sulla «centralità della persona, della famiglia e dell’etica della vita, sulla preferenza assoluta per gli ultimi, sulla trasparenza e sobrietà della vita istituzionale, e sulla relatività, e non assolutezza, della politica rispetto all’interezza della vita civile». Lo afferma una nota della presidente dell’Azione Cattolica italiana, distribuita ieri alla vigilia del Convegno nazionale dei Presidenti diocesani e Assistenti unitari, in programma da oggi a domenica a Roma. Se invece si riduce «tutto al tema del "contenitore"» ci si condanna a «porsi domande in larga parte fuorvianti: "Ci sarà un nuovo partito dei cattolici? Chi ne farà parte? Il mondo associativo è unito o diviso di fronte a tale prospettiva?"».L’Ac rifiuta un simile approccio. «Con questi ragionamenti semplicistici, infatti, viene del tutto trascurato il forte impegno del mondo cattolico, in dialogo con tutti, per restituire al Paese un patrimonio di valori condivisi e un confronto politico più pacato». I cattolici lavorano, e non da ieri, afferma la nota «non per trovare uno spazio elettorale, ma per riempire di "contenuti" una scena pubblica occupata spesso da odi, rancori, scandali, sprechi e lentezza nel rispondere alla crisi, che - come ha ricordato il 29 agosto scorso il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza Episcopale Italiana - coinvolge innanzitutto la visione dell’uomo».«Sui "contenuti" e su una nuova "agenda di speranza" per il Paese si sono svolte le Settimane sociali, in questa direzione hanno lavorato la Consulta nazionale delle aggregazioni laicali e Retinopera (la rete delle associazioni e dei movimenti impegnati nel sociale), questo è stato lo spirito che ha animato l’incontro di Todi organizzato dal Forum delle associazioni attive nel mondo del lavoro», ricorda il documento. E tutto il lavoro «ha trovato momenti essenziali di sintesi e rilancio nelle prolusioni del cardinale Angelo Bagnasco e nell’incoraggiamento univoco dei vescovi italiani». Quanto all’Ac, sottolinea la nota, «in questi anni, ha intensificato i suoi sforzi per formare i soci al bene comune e all’impegno diretto, e per mettere in rete le esperienze degli amministratori locali provenienti dall’associazione.Tuttavia «in una fase confusa, in cui la crisi è ancora in corso e gli scenari politici sono ingessati dalle incertezze e dai tatticismi», «i cattolici vengono "tirati per la giacca", come fossero portatori di pochi e sparuti interessi». Il discorso sui contenuti, racchiusi nella agenda di speranza per il Paese si innesta proprio qui. Essi, rileva l’Ac, «sono nati, sulla scia del magistero di Benedetto XVI e dei vescovi italiani, e attraverso il confronto positivo tra tante intelligenze, interessanti letture del mutato scenario economico globalizzato, delle nuove relazioni tra diritti e doveri, tra libertà e responsabilità, tra potere e partecipazione, tra economia, finanza e sovranità dei popoli». In tal modo «si è entrati, molto prima che se ne accorgessero tanti osservatori, nel merito di questioni poi puntualmente rivelatesi cruciali e indifferibili. Solo per citarne alcune: la riforma elettorale (che ancora, inspiegabilmente, tarda a venire) e delle istituzioni; la questione giovanile tra precarietà e mobilità sociale negata; la centralità dei processi educativi e formativi; l’urgenza di muoversi verso un’Europa che abbia un’anima e che persegua la pace, la cooperazione e l’accoglienza, e non solo la solidità della moneta unica; l’impegno per una legalità diffusa e contro ogni forma di corruzione; la questione lavoro nel suo complesso (perché il lavoro e i lavoratori non siano considerati merce o semplici fattori produttivi); il rilancio di un nuovo patto tra le generazioni».Questo ricco patrimonio, dunque, deve «essere messo a servizio del Paese in una fase davvero "costituente"». È un patrimonio che può dialogare legittimamente, senza complessi e autorevolmente, sia all’interno di tutte le famiglie politiche europeiste, democratiche, riformiste, non populiste e attente a unire più che a dividere, sia in nuovi soggetti politici». Chi, invece, «si concentra sui "contenitori" – conclude la nota – rischia di sottostimare una fase nuova e promettente in cui i credenti, a partire dai territori, si caricano con uno spirito comune della necessità di tenere unito il Paese e di protendere tutti, senza indugi, verso il bene comune».
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