martedì 22 ottobre 2019
Sconfessata la sentenza d'appello e la Procura di Roma: fu associazione a delinquere. Ora occorrerà un processo bis per ridefinire le pene per Carminati e Buzzi. Raggi: capitolo buio per la città
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Non era mafia. Ma due semplici associazioni a delinquere. Così cadono diverse accuse a Buzzi e Carminati, così adesso suona assai strano anche usare quel "Mafia Capitale" che sintetizzava quanto sembrava accadere da queste parti. La Cassazione ha infatti ricalcato la "lettura" fatta in primo grado e poi sconfessata dall’appello: non esisteva alcuna associazione di stampo mafioso. E così, ad esempio, a carico dell’ex Nar Massimo Carminati e di Salvatore Buzzi, presidente della Cooperativa 29 giugno (e di altri quindici), occorrerà un processo d’appello bis per rideterminare le pene, vista la riqualificazione del reato in associazione per delinquere semplice.

Una sconfitta insomma per la Procura Capitolina e anche per la Procura generale della stessa Cassazione, che mercoledì scorso aveva chiesto la sostanziale convalida della sentenza d’appello. Tant’è che nemmeno pochi istanti dopo la sentenza, lo storico avvocato di Carminati, Giosuè Naso, diceva soddisfatto che «è stato sconfitto il modo di fare processi di Pignatone (l’ex capo della Procura romana) e del Ros di Roma». Rincarava Valerio Spigarelli, difensore di Luca Gramazio, per il quale «siamo di fronte alla radicale sconfessione della Procura di Roma». E addirittura «abbiamo liberato Roma dalla mafia. Quelli di Buzzi e Carminati erano due gruppi distinti nessuno dei quali di carattere mafioso», spiegava il legale di Salvatore Buzzi, Alessandro Diddi, aggiungendo che «i nostri amministratori non potranno dire che l’inefficienza della città è colpa di mafia Capitale». Commenti arrivati dopo gli abbracci, i segni di vittoria di alcuni imputati presenti in aula e i difensori e qualche lacrima di gioia dei familiari.

Ad attendere la sentenza c’era anche il presidente della Commissione parlamentare Antimafia, Nicola Morra. E c’era la sindaca Virginia Raggi. Scrive il primo su un social: «Buzzi e Carminati nella Capitale non avevano costituito un sodalizio di stampo mafioso che, mediante l’intimidazione solo paventata e la leva della corruzione, aveva in pugno tanti uffici dell’amministrazione comunale capitolina, ottenendo appalti ed affidamenti in maniera del tutto illecita. A Roma non c’era mafia, secondo la Cassazione. Le sentenze si rispettano. Ma le perplessità, i dubbi, le ambiguità permangono tutte». Dura la Raggi: «È stato scritto un capitolo buio nella storia della nostra città. Ai cittadini onesti, dico "avanti a testa alta", la sentenza comunque conferma il sodalizio criminale». E per il magistrato Alfonso Sabella, ex assessore alla Legalità nella giunta di Ignazio Marino, «mi pare di capire che la Cassazione ha confermato che, per un periodo, la macchina amministrativa è stata ostaggio di criminali».

La sesta Sezione penale della Suprema Corte doveva vagliare la posizione di trentadue imputati, diciassette dei quali condannati, lo scorso anno, a vario titolo per associazione a delinquere di stampo mafioso o con l’aggravante mafiosa o, ancora, per concorso esterno. L’accusa, mossa appunto dalla Procura di Roma, ruotava attorno alla costituzione di una "nuova" mafia, con propaggini nel mondo degli appalti della Capitale. Accusa che non regge, secondo i giudici della Cassazione. Tra gli imputati per i quali dovrà essere ricalcolata la pena c’è appunto Luca Gramazio, ex capogruppo Pdl alla Regione Lazio, e Franco Panzironi, ex ad dell’Ama. E per quanto riguarda Buzzi, la Cassazione lo ha assolto da due delle accuse contestategli, di turbativa d’asta e corruzione, mentre per Carminati cade anche un’accusa d’intestazione fittizia di beni. Fra l’altro, la Cassazione ha annullato alcuni risarcimenti nei confronti delle parti civili, tra cui associazioni antimafia.

Eppure quel "Mondo di mezzo" divenne il nome con cui il Ros dei Carabinieri battezzò l’inchiesta, mutuato dalle parole proprio di Carminati, in un’intercettazione che secondo Pignatone era forse la più significativa: «Ci sono i vivi sopra e i morti sotto e noi in mezzo – spiegava Carminati al suo "braccio militare" Riccardo Brugia –. C’è un mondo in cui tutti si incontrano, il mondo di mezzo è quello dove è anche possibile che io mi trovi a cena con un politico...». Lui parla «col "mondo di sopra", quello della politica e col "mondo di sotto", quello criminale, e si mette al servizio del primo avvalendosi del secondo», sosteneva l’allora Procuratore di Roma.

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