martedì 11 giugno 2013
La Corte costituzionale dovrà decidere sulla legittimità della norma che ha anche aumentato le pene per spaccio di cannabis. A sollevare la questione di costituzionalità è stata la terza sezione penale della Cassazione.
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La Corte costituzionale dovrà decidere sulla legittimità della norma che ha equiparato le droghe pesanti e quelle leggere, aumentando le pene per spaccio di cannabis. A sollevare la questione di costituzionalità è stata la terza sezione penale della Cassazione. Sotto la lente della Consulta, dunque, finiranno le norme in materia di stupefacenti contenute nella legge 49/2006, la cosiddetta Fini-Giovanardi. I dubbi della Cassazione si concentrano sulla possibile violazione dell'articolo 77, secondo comma, della Costituzione, che regola i decreti legge e le leggi di conversione: le norme in questione, infatti, vennero inserite nella legge di conversione con un maxiemendamento al dl 272/2005, inerente "misure urgenti dirette a garantire la sicurezza e il finanziamento per le Olimpiadi invernali di Torino, la funzionalità dell'amministrazione dell'interno e il recupero di tossicodipendenti recidivi". Per la Suprema Corte, dunque, la questione di legittimità della norma che "parifica ai fini sanzionatori" droghe pesanti e leggere - elevando così le pene (prima comprese tra 2 e 6 anni) per chi spaccia hashish prevedendo la reclusione da sei a 20 anni con una multa compresa tra 26mila a 260mila euro, riguarda, in via principale, "il profilo dell'estraneità delle nuove norme inserite nella legge di conversione all'oggetto, alle finalità e alla ratio dell'originale contenuto del decreto legge". In via subordinata, la Cassazione chiede che, "qualora le nuove norme siano ritenute non del tutto estranee al contenuto e alla finalità della decretazione d'urgenza" venga valutato il profilo della "evidente carenza del presupposto del caso straordinario di necessità ed urgenza" relativo ai decreti legge. "Appare non manifestamente infondato - si legge nella sentenza n.25554 depositata oggi - ritenere che l'introduzione delle nuove norme abbia travalicato i limiti della potestà emendativa del Parlamento tracciati dalle pronunce della Corte costituzionale".
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