lunedì 12 maggio 2014
Rinviata a mercoledì l'udienza a Nizza per Chiara Rizzo, moglie dell'ex deputato di Forza Italia Matacena, latitante a Dubai. All'ex ministro sono state sequestrate decine di faldoni.
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È stata rinviata a domani, mercoledì, l’udienza davanti al giudice di Nizza, in Francia, chiamato a pronunciarsi sulla richiesta italiana di estradizione per Chiara Rizzo, moglie dell’ex deputato di Forza Italia Amedeo Matacena, latitante a Dubai dopo la condanna a 5 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Insieme all’ex ministro dell’Interno Claudio Scajola, da cinque giorni in carcere a Regina Coeli, la signora Rizzo è fra gli otto destinatari di ordine di custodia cautelare emessi dal Gip di Reggio Calabria con le accuse di aver provato a far "spostare" in Libano il latitante Matacena e a «schermare» le sue società per evitarne il sequestro giudiziario (poi invece avvenuto: i magistrati hanno apposto sigilli a un patrimonio da 50 milioni di euro).Nel frattempo la Direzione distrettuale antimafia reggina, guidata dal procuratore Federico Cafiero De Raho, è al lavoro sui documenti (migliaia di pagine) e sui files dei computer sequestrati nel corso delle perquisizioni della scorsa settimana fra Roma e la Liguria a Scajola, ritenuto dai pm «membro di rilievo» della rete di relazioni di cui è «depositario» Matacena. Gli inquirenti puntanto a identificare eventuali legami istituzionali della "cupola segreta" di persone che, anche grazie a relazioni con le cosche, avrebbe protetto la latitanza dell’armatore calabrese a Dubai. Matacena, sostengono i pm della Dda reggina in un’integrazione alla richiesta di ordinanza del Gip – in cui si chiedeva la contestazione dell’aggravante mafiosa per avere favorito la ’ndrangheta, poi negata dal Gip – «è tra i pochi soggetti a rivestire un ruolo ben più significativo di quello del mero concorrente esterno, essendo diventato nel corso degli anni la stabile interfaccia della ’ndrangheta, nel processo di espansione dell’organizzazione criminale, a favore di ambiti decisionali di altissimo livello». E intanto è giallo su un presunto conto corrente intestato a Matacena presso la Camera dei deputati. Ne avrebbe fatto cenno la moglie in una conversazione intercettata dagli inquirenti il 5 febbraio e finita negli atti d’indagine. Dell’esistenza di un conto a suo nome dà conferma lo stesso Matacena, intervistato via Skype dall’Agi: «Ho un conto corrente alla Camera» ha detto, precisando però che su quel conto sono transitati solo i pagamenti per l’assistenza sanitaria ai parlamentari e ai propri familiari, con quote da pagare semestralmente, e negando che tramite quel conto gli siano mai pervenuti soldi durante la latitanza. «È sempre stato a zero, o quasi, basta prendere l’estratto conto per vedere i movimenti», fa sapere Matacena. Il conto, precisano peraltro fonti di Montecitorio, non è appoggiato presso la Tesoreria della Camera dei Deputati, in quanto «i conti correnti bancari gestiti dal Servizio Tesoreria sono intestati alla stessa Camera e utilizzati esclusivamente per la regolazione di partite contabili connesse all’attività istituzionale di quest’ultima». A quale conto, dunque, si riferiva quella conversazione? È uno dei tanti interrogativi che i magistrati dovranno chiarire.

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