sabato 20 luglio 2013
Bocciata la sfiducia al ministro dell'Interno: 226 i no, tre i dissidenti del Pd. Difesa a spada tratta del premier: «Non c'è responsabilità oggettiva, Alfano è estraneo». Ma il caso resta aperto: «Vicenda intollerabile, non deve più succedere».
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Dall’inchiesta del capo della Polizia «esce confermato in modo inoppugnabile il mancato coinvolgimento dei vertici del governo ed emerge in modo chiaro l’estraneità del ministro dell’Interno». È il passaggio chiave del discorso presidente del Consiglio Enrico Letta ieri mattina al Senato, prima della votazione della mozione di sfiducia ad Alfano sulla connection kazaka. Una votazione che è filata liscia (mozione respinta con 226 no, 55 sì, 13 astensioni della Lega e solo 3 dissidenti pd che sono usciti dall’aula: Laura Puppato, Walter Tocci e Lucrezia Ricchiuti, mentre Felice Casson, che voleva le dimissioni, si è poi sbagliato nel votare), nonostante qualche brivido della vigilia. Letta, se ha totalmente coperto il suo vicepremier e ministro dell’Interno sulla vicenda (e la presenza del premier in aula era da questo punto di vista altamente simbolica), non ha invece risparmiato giudizi taglienti sull’incredibile vicenda che ha portato al rimpatrio la moglie del dissidente e sua figlia. Quelle espulsioni, ha detto il premier, sono per «l’Italia motivo di imbarazzo e di discredito. Da questo imbarazzo, da questo discredito il campo va sgomberato. Per farlo abbiamo scelto la via della trasparenza totale». Il presidente del Consiglio ha giudicato la relazione del capo della Polizia «approfondita, corretta: non fa sconti. Ne escono puntualmente ricostruiti fatti che ci lasciano attoniti, fatti che nell’Italia del 2013 non sono tollerabili, a maggior ragione ai danni di una donna e di una bambina». Ma Letta ha fatto chiaramente capire che la vicenda non è chiusa: «Su fatti che lasciano attoniti non abbiamo intenzione di mollare la presa per cercare di delineare i contorni di azioni ed omissioni ormai accertate, ma delle quali appaiono ancora oscure motivazioni e connessioni». Nel mirino del capo del governo l’atteggiamento dell’ambasciatore kazako, ma anche la catena di comando che ha permesso una espulsione con una celerità che non ha precedenti. Da qui l’impegno di rivedere «norme e regole d’ingaggio per casi del genere, al fine di evitare ulteriori episodi di mancato coinvolgimento politico». E la promessa finale di verificare costantemente le condizioni della Shalabayeva e adoperarsi per il suo rientro in Italia. Fin qui il caso kazako.Ma Letta ha fatto chiaramente intendere che il voto contro la sfiducia individuale era in realtà un nuovo voto di fiducia a un governo che sta lavorando per il bene dell’Italia nonostante un «rumore di sottofondo troppo alto, troppo viscerale, troppo strumentale». Un rumore «spesso alimentato ad arte da chi ha la convenienza a restituire della politica e dell’Italia l’immagine di uno stato di precarietà permanente». Basta – è l’appello di Letta – a un confronto politico caratterizzato «dal tic del complotto, dallo strepitio smanioso, dal sospetto, dalle dietrologie, dal mito del nemico brutto, sporco e cattivo nascosto dentro ogni avversario politico». Con una postilla "personale": «Non vorrei che quella che, con un’espressione dal sapore forse antico, si chiama buona educazione venisse scambiata per mia debolezza».E, dunque, avanti verso nuovi impegnativi obiettivi. Letta li ha enumerati: la rimodulazione dell’Imu, il lavoro, la speranza di intercettare la ripresa, i debiti della pubblica amministrazione. Alla fine applauso liberatorio da parte della maggioranza. Volti allegri nel Pdl, qualche muso lungo nel Pd. Alfano era piuttosto seccato per le durissime critiche del capogruppo del Pd Luigi Zanda. Ha però fatto buon viso a cattivo gioco. «Sono soddisfatto, la mozione contro di me è stata respinta».​
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