lunedì 20 gennaio 2020
Assente la maggioranza: la decisione potrebbe essere una bandiera per le Regionali. Contro il "no" al procedimento i 5 della Lega, garantisti i 4 di Fi e 1 di Fdi. In caso di parità vince il no
Senato, la Giunta per le immunità parlamentari

Senato, la Giunta per le immunità parlamentari

COMMENTA E CONDIVIDI

Via libera della Giunta delle immunità del Senato al processo a Matteo Salvini sull'ipotesi di accusa di sequestro di persona per il caso Gregoretti. La Giunta ha respinto la proposta del presidente Maurizio Gasparri (FI) di negare la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti dell'ex ministro dell'Interno. Contro la proposta hanno votato i 5 senatori della Lega, come richiesto dal leader leghista, a favore i 4 di Forza Italia e Alberto Balboni di Fratelli d'Italia. In caso di pareggio, come stavolta, il regolamento del Senato fa prevalere i "No".

«Vogliono mandarmi a processo ma senza dire nè quando, nè come, nè perchè, perchè domenica ci sono le elezioni in Emilia-Romagna: mia nonna mi ha insegnato a non avere paura, allora dico: processo anche domattina», commenta a caldo, a pochi minuti dal voto, il leader della Lega Matteo Salvini, parlando a San Giovanni in Persiceto, nel Bolognese, nel tour elettorale a favore della candidata leghista alla Regione.

Dunque grazie al voto della Giunta del regolamento di venerdì scorso, col sì decisivo della presidente Elisabetta Alberti Casellati, il caso Gregoretti è arrivato stasera nella Giunta per le immunità. Il dibattito è slitatto di un'ora, alle 18 il presidente Maurizio Gasparri (Fi) ha dato il via agli interventi. Una Giunta ridotta ai minimi termini - 10 su 22 membri a causa del boicottaggio del voto da parte di M5s, Pd, Leu e Iv - ma comunque operante in numero legale (almeno 8), ha dato semaforo verde al procedimento giudiziario. I leghisti hanno infatti bocciato la proposta garantista di Gasparri di dire no ai giudici. E il processo si farà. La maggioranza voleva invece rinviare la decisione a dopo le elezioni regionali, test cruciale per la posta in ballo in Calabria ma soprattutto in Emilia-Romagna, cui Matteo Salvini vuole dare una rilevanza nazionale. E il "sì" al processo per il leader leghista - accusato di sequestro di persona dei migranti salvati da una nave della Guardia Costiera - potrà essere una carta che l'ex ministro dell'Interno si giocherà per apparire come l'"eroe sovranista" difensore dei confini.

Da appurare ora, a norma di regolamento, se la votazione finale spetterà comunque all'aula di Palazzo Madama, o se ci sarà una semplice ratifica dell'indirizzo dato stasera dalla Giunta. «L'Aula prenderà le sue decisioni - dice il presidente della Giunta, Maurizio Gasparri (Fi) - e se ci saranno o meno votazioni in aula dipenderà, come prevede il regolamento, dal fatto che ci siano o meno 20 senatori che lo chiederanno espressamente».

«Oggi decidono se sono un criminale o meno - aveva detto in mattinata Salvini a un comizio elettorale a Comacchio - e siccome devono essere i delinquenti ad aver paura del processo, io ribadisco: mandatemi a processo. Se devo andare in galera per difendere il mio Paese ci vado a testa alta». E cita lo scrittore satirico Giovannino Guareschi e il suo «"per rimanere liberi bisogna, a un bel momento, prendere senza esitare la via della prigione"».

A disertare l'auletta della Giunta sono stati dunque i senatori di Pd, Leu, M5s e i renziani di Italia Viva. «Di certo il Pd non si farà dettare l'agenda da Salvini», commentava la dem Anna Rossomando. Una scelta tattica, che però nel Pd qualcuno, come Matteo Orfini, aveva digerito a stento: una scelta incomprensibile per buona parte dell'elettorato che vuole Salvini alla sbarra. Indicativo che Mattia Santori, uno dei leader delle Sardine, avesse manifestato il "Sì" suo e delle "sue" piazze al processo al leader della Lega. Nicola Zingaretti provava a spiegarla così: «Matteo Salvini sta usando ancora una volta un tema che riguarda la giustizia per motivi politici e personali. Lo ha fatto con il caso Diciotti e con il Russiagate - ragionava il segretario del Pd - e sta costruendo un battage politico perché pretende l'impunità. Sempre lo stesso film, garantista su se stesso e giustizialista quando un suo avversario si trova ad incontrare la giustizia».

Stefano Ceccanti, deputato dem e costituzionalista, dopo il voto ironizzava sulla richiesta dei leghisti di processare il loro leader: «I senatori leghisti hanno affermato, in termini di stretto diritto, che Salvini non ha agito per quegli alti motivi che avrebbero configurato una sorta di ragion di Stato». Per questo può essere processato, insomma. «Il diritto dice questo. Poi la politica può cercare altre chiavi interpretative, ma, nel rispetto delle scelte di tutti e dei significati che si vorrebbero attribuire con la propria volontà, è difficile prescindere del tutto dai significati oggettivi propri di un atto».


© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: