giovedì 16 dicembre 2010
L’Udc dà vita a un coordinamento parlamentare con Fli, Api e Mpa. La nuova aggregazione conta 100 parlamentari ed è in cerca del nome e di una strategia. Berlusconi: non andranno da nessuna parte. Bonaiuti: «Per noi Pier Ferdinando non è ancora perso».
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Uscire subito dall’angolo, imprimendo una «accelerazione» al processo di convergenza con gli altri firmatari della mozione di sfiducia. Una risposta secca, immediata e politica alle pressioni di Berlusconi per l’ingresso in maggioranza e alla dichiarata volontà del premier di sfilare i parlamentari centristi uno a uno. Così nel quartier generale dell’Udc si spiega la mossa fulminea di radunare attorno allo stesso tavolo Fini, Rutelli, Lombardo e soci per  fare quella che qualcuno ha chiamato la foto di gruppo. Ovvero porre la prima pietra di una possibile nuova aggregazione politica, «alternativa sia al Pdl che al Pd». E che si propone di «archiviare Berlusconi e il berlusconismo».Un assemblaggio, non privo di difficoltà anche per la distanza su valori e programmi tra i diversi pezzi, che comincerà però da subito in Parlamento con un patto di consultazione. «Parleremo con una sola voce», ha spiegato Pier Ferdinando Casini. Il viaggio proseguirà a gennaio con l’assemblea di tutti gli eletti. E ci si prepara anche a sperimentare l’inedita convergenza (ieri c’erano anche Paolo Guzzanti e i repubblicani La Malfa e Sbarbati) alle prossime amministrative in città di peso come Napoli e Torino. Alleanza favorita dalla legge elettorale a due turni. La sede del battesimo di questo nuovo polo è stata l’Hotel Minerva di Roma, a due passi dal Pantheon. Una scelta forse non del tutto neutra, visto che proprio qui, il 18 gennaio del 1993, Pier Ferdinando Casini, insieme a Francesco D’Onofrio e Clemente Mastella, fondando il Ccd dava l’addio a Martinazzoli e al suo Ppi. Una scelta che marca anche, in un senso plastico, l’iniziativa del leader dell’Udc. Lui poteva scegliere tra due soluzione: passare armi e bagagli con il Cavaliere o tentare una nuova strada terzopolista. Fini, dopo la sconfitta del pallottoliere, no. Casini ha scelto la seconda, offrendo a Fini e ai suoi una salutare boccata di ossigeno. Candidandosi così, almeno nei fatti, a guidare politicamente la nuova formazione. Ma è probabilmente troppo presto per parlare di leadership. Ieri al tavolo del Minerva, attorno al quale si sono seduti, oltre a Casini, Fini e Rutelli, i maggiorenti delle tre formazioni politiche (Buttiglione, Cesa, Pezzotta D’Onofrio per l’Udc, Bocchino, Urso, Viespoli per Fli, Tabacci per l’Api) si è cominciato anche a ragionare del nome e del possibile simbolo comune. «Ce lo impone – ha spiegato Tabacci – la legge elettorale del Senato, se Berlusconi ci porta all’ipotesi sciagurata delle elezioni anticipate». Ancora nessuna scelta in proposito, ma di sicuro, dice Ferdinando Adornato, «ci sarà la parola nazione o Italia». Polo per l’Italia, alleanza per la nazione, unione nazionale e così via sono le opzioni possibili. Si deciderà insieme, dopo le feste. Più urgente, invece, concordare le mosse da fare in Parlamento nelle prossime settimane. Sul tavolo ci sono questioni molto calde. Alcuni decreti e la delicata questione delle due mozioni di sfiducia individuali per il ministro pideillino della Cultura Bondi e quello della semplificazione, il leghista Calderoli. Delle quali, pare, ancora non si è parlato. Spiega il centrista D’Onofrio: «Da oggi basta voti in ordine sparso, come è successo con la riforma universitaria, dove chi si è astenuto, chi ha votato a favore e chi contro. L’impegno politico è che da ora in poi ci muoveremo con una posizione comune». Contando anche su una discreta massa di manovra: un’ottantina di deputati alla Camera e venti al Senato. Se Casini avverte che il polo in cerca di nome farà «un’opposizione responsabile», Rutelli fa il baldanzoso: «Ci aveva dato per morti e ora al risveglio Berlusconi si accorgerà di avere più problemi di prima». E la campagna acquisti, le pressioni del Cavaliere sui «delusi»? I "terziari" fanno spallucce: «Anche se ne perdiamo ancora – spiega un finiano –  abbiamo fermato l’emorragia, offrendo a quelli che rimangono una prospettiva politica e un motivazione per combattere». E il presidente dell’Udc, Rocco Buttiglione, ricorre a un bella citazione di Benjamin Franklin: «Qui o restiamo tutti uniti o ci impiccano uno a uno». Come dire: o per amore o per forza.
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