lunedì 22 novembre 2010
«Se vogliono cambiare ci siederemo al tavolo ma ci aspettiamo fatti». Lo ha detto il leader dell'Udc parlando all'assemblea nazionale del partito. «La condizione è che si cambi davvero: non ci piace la Lega e non ci fidiamo delle promesse di Berlusconi». «Non possiamo consentirci - ha detto ancora di stare in riva al fiume perché il cadavere che vedremo passare non è quello di Berlusconi ma quello del Paese». La bocciatura di Maroni, Romani e del Pd.
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«Se vogliono cambiare ci siederemo al tavolo ma ci aspettiamo fatti». Lo ha detto il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini parlando all'assemblea nazionale del partito. «La condizione - ha precisato Casini - è che si cambi davvero: non ci piace la Lega e non ci fidiamo delle promesse di Berlusconi». «Non possiamo consentirci - ha detto ancora Casini - di stare in riva al fiume perché il cadavere che vedremo passare non è quello di Berlusconi ma quello del Paese». Il leader dell'Udc ha spiegato che nel partito: «Non abbiamo fretta di andare a governare: se siamo stati all'opposizione per due anni è perché non condividiamo la politica degli spot». Secondo Casini serve «un governo di armistizio, di responsabilità e di solidarietà nazionale. Per tre-quattro anni bisognerebbe non pensare a chi vince le elezioni ma governare facendo anche scelte impopolari». NON «TERZO» MA «NUOVO» POLOIl leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini ha invitato tutti «a non parlare di terzo polo ma di nuovo polo». «Chi ci aveva detto che la soluzione era il bipolarismo e poi addirittura il bipartitismo - ha detto il leader centrista all'assemblea dell'Udc - è stato smentito dai fatti». Il problema che si porrà dopo il voto di fiducia di dicembre ha detto Casini ribadendo la necessità di cambiare la legge elettorale, «è che questo meccanismo politico e istituzionale non sta in piedi, costruisce armate che vincono e elezioni e il giorno successivo non riescono a governare».FEDERALISMO , È UNO SPOT PIENO DI CONTRADDIZIONI«Quando un ministro ci spiega di non essere in grado di quantificare i costi del federalismo, vuol dire che non stiamo parlando di nulla. È uno spot che rischia di accentuare ancora di più le difficoltà del Paese ed è pieno di contraddizioni». È quanto ha detto il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini all'assemblea del suo partito che si è conclusa a Fieramilanocity. «Noi passiamo per essere il partito antifederalista - ha detto Casini - ma invece noi siamo figli dell'esperienza di Sturzo, che è stato l'inventore delle autonomie locali». Secondo Casini, per essere valido un progetto federalista «dovrebbe essere costruito senza moltiplicare i livelli di governo: il governo si è dimenticato di abolire le Province, come aveva promesso, e cosa aspettiamo a fare dei consorzi tra i Comuni più piccoli?». Perché il federalismo funzioni, ha detto ancora Casini, «bisogna abolire i livelli intermedi di governo, il progetto dev'essere imperniato sulla vitalità dei Comuni e non può essere un centralismo regionale, e serve la liberalizzazione dei servizi pubblici locali». Casini ha anche parlato del Meridione spiegando che «se la classe dirigente del Sud vuole essere credibile deve fare autocritica sugli episodi che hanno corrotto alcuni politici meridionali e umiliato i cittadini». «Una classe dirigente - ha concluso in riferimento all'emergenza rifiuti di Napoli - che non è stata capace di imporre la raccolta differenziata e gli impianti va mandata a casa, che sia di destra, di sinistra o di centro».PD ROMPA CON LA SINISTRA ESTREMASecondo il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini, il Pd «non fa le scelte che dovrebbe fare» e dovrebbe rompere con la sinistra radicale «come fece Veltroni». «Questo partito - ha detto Casini parlando all'assemblea nazionale dell'Udc - non può pensare sistematicamente di non fare le scelte che dovrebbe. Quello che è capitato in Puglia con Vendola e a Milano con Pisapia è la conseguenza diretta del fatto che il Pd non fa le scelte che dovrebbe fare». Casini ha sostenuto che il Pd dovrebbe «avere il coraggio di scindere, di rompere i rapporti con questa sinistra estrema, ricordandosi che Veltroni lo ha fatto». «Se qualcuno questo pomeriggio mi dirà "Casini, non parli delle cose di casa nostra" - ha proseguito - gli dico preventivamente che mi riferisco a Veltroni, a quello che lui ha fatto».IL PROBLEMA È PIU' AMPIO E PREOCCUPANTELa querelle politica intorno al ministro delle Pari opportunità, Mara Carfagna, deve far «riflettere», secondo il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini, ed è spia «di un problema più ampio e più preoccupante». «La Carfagna - ha detto Casini a margine dell'assemblea nazionale dell'Udc in corso a Fieramilanocity - tutto sommato è stata un buon ministro. Ha caratterizzato questa stagione berlusconiana e il fatto che dica o faccia dire che il partito é ridotto a un comitato d'affari e che in Campania non c'é agibilità politica è una cosa di grandissima rilevanza e una cosa su cui bisognerebbe riflettere, perché non è il problema della Carfagna, è un problema un pochino più ampio e più preoccupante». Casini, che in mattinata terrà un discorso, non ha voluto anticipare nulla sulla proposta politica dell'Udc, già al centro ieri di uno scambio di battute tra lui e la presidente della Confindustria, Emma Marcegaglia, circa un eventuale coinvolgimento dell'Udc al governo. Si è però concesso una battuta sul premier e sugli indici di gradimento citati ieri da Berlusconi. «I suoi sondaggi li ha sempre descritti così - ha detto il leader centrista - per cui non vedo la novità».MARONI, STIMO CASINI MA CHI PERDE STA A OPPOSIZIONE«Questa del governo d'armistizio ancora mi mancava: c'é stato il governo tecnico, quello di scopo, quello di responsabilità nazionale e ora questo. Ma non so che cosa sia». Il ministro dell'Interno Roberto Maroni chiude la porta all'Udc di Casini, ribadisce che la Lega è contraria ad ogni rimpasto e avverte Berlusconi: «Senza una maggioranza ampia si deve andare a votare». «Io sono favorevole ai sani e saldi principi della democrazia - dice Maroni nel corso della trasmissione In Mezz'ora, chi vince le elezioni governa, chi perde sta all'opposizione. Noi l'abbiamo già detto di essere contrari a un rimpasto con Casini, che è comunque persona che stimo e quindi non avrei nessun problema» a tornare in maggioranza con lui». Ma, prosegue il ministro, «il principio è: si può consentire che chi ha perso le elezioni entri nel governo? Io penso di no». Maroni ha anche parlato del prossimo voto di fiducia in programma il 14 dicembre. «Mi auguro che il governo la otterrà - sottolinea -. So che la Lega sarà compatta e però sul Pdl non sono in grado di fare previsioni». «Abbiamo però avvertito Berlusconi - conclude - che non è sufficiente una maggioranza di due, tre persone perché poi tutti i giorni dobbiamo rimanere appesi a queste due tre persone. Se non c'é una maggioranza che ci consenta di lavorare, se ci sono pochi voti di scarto, bisogna tornare a votare. Non vogliamo fare la fine del governo Prodi».LA BOCCIATURA DEL MINISTRO ROMANIIl ministro per lo Sviluppo economico, Paolo Romani, boccia senza appello la proposta lanciata dal leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, per un esecutivo di armistizio. «Non vedo la possibilità che ci siano altri tipi di governo», ha osservato il ministro che a margine di un dibattito al polo fieristico di Rho-Pero ha aggiunto: «Il premier indicato dagli elettori è Silvio Berlusconi. O si procede su questo percorso altrimenti l'unica cosa da fare è ridare la parola agli elettori». LA PROPOSTA NON PIACE AL PDLa proposta di un «governo di armistizio» lanciata dal leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, non piace al Pd, che la bolla come una mossa tattica.Lo ha detto il capogruppo del Pd alla Camera Dario Franceschini in un'intervista pubblicata oggi. «Le mosse tattiche non sono apprezzate da parte nostra», ha detto Franceschini, commentando la mossa di Casini che ieri ha dettato le condizioni per l'ingresso dell'Udc in «un governo di armistizio, di responsabilità e solidarietà nazionale». Franceschini ha comunque precisato che «bisogna guardare alla sostanza. C'è una considerazione oggettiva: Fini e Casini non possono ricomporsi con uno schieramento dal quale se ne sono andati registrando che non esiste lo spazio né per il confronto delle idee, né per la dialettica, né per la contendibilità della leadership. Sono condizioni inconciliabili con Berlusconi».
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