giovedì 30 settembre 2010
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Ride l’opposizione. Il premier parla dei suoi progetti e la minoranza, dall’Udc, al Pd all’Italia dei valori scoppia in una risata spontanea. I cinque punti come li racconta Berlusconi non sono credibili agli occhi dell’altra metà dell’emiciclo, che non si trattiene di fronte al quadro dei cantieri per l’autostrada Salerno-Reggio Calabria. E sono i tre leader, nelle rispettive dichiarazioni di voto, che danno forma a quel moto spontaneo: «Lei non può essere Alice nel paese delle meraviglie e qui le meraviglie non ci sono», scandisce Pier Ferdinando Casini. «Dal ’94 sono gli stessi buoni propositi, lei non è al primo giorno di scuola» e «se non li ha realizzati la colpa non può essere sempre e solo degli altri», dice guardando in faccia il premier. «Berlusconi ci racconta una favola», ma «non conosce l’Italia vera, gli italiani sono arrabbiati, c’è sbandamento, incertezza», fa eco Pier Luigi Bersani. Oltrepassa i limiti invece Antonio Di Pietro, che definisce il capo del governo «stupratore della democrazia. Lei – tuona – è uno spregiudicato, anzi un pregiudicato illusionista. Nel suo intervento ha descritto un’Italia che non c’è. Fuori c’è un altro Paese, quello reale».Il premier ascolta e scuote il capo. I tre leader intervengono personalmente, perché il momento cruciale sembra imporlo. «Lei si prepara a tirare a campare», dice l’ex presidente della Camera. La risposta dell’Udc all’appello berlusconiano è un no deciso. Piuttosto, ricorda, «avevamo indicato una strada lineare che era quella di ammettere la crisi, ma lei ha seguito la scorciatoia del pallottoliere». La chiusura dell’Udc è totale, anche se meditata e ironica: «Io le voglio bene, lei lo sa – sorride Casini – , è un mio punto debole, sono buono come lei. Ma oggi è venuto qui e ci ha spiegato che c’è stata una scissione nell’Udc. Io pensavo che fossimo qui perché c’era stata una scissione nel Pdl di 35 deputati e 10 senatori... mi ero sbagliato, non avevo capito, sono uno sprovveduto»... Senza fare sconti, il leader dell’Udc conferma di non avere pregiudizi sui cinque punti. Ma sentenzia: «Questa giornata- segna l’epilogo di una stagione segnata da odio e da dossier», un periodo in cui alcuni «uomini sono stati colpiti anche nei loro affetti più intimi».Per Fini la difesa è corale. Anche il segretario del Pd gli dedica una parte del discorso. Ma neppure Bersani si rassegna all’idea di continuare a «galleggiare». Altro che nuove promesse, ride: «Perché non si fa più vedere a Napoli? Io ci vado domani, vogliamo andare insieme a vedere com’è la situazione dei rifiuti? E perché non viene all’Aquila a vedere a che punto è la ricostruzione? Venga a fare un giro con noi».I toni sono ben diversi, ma la sostanza non cambia. Anche Di Pietro insiste che «fuori c’è un paese reale che sta morendo di fame, di legalità e di democrazia». L’ex pm, però, va oltre: fino a oggi il premier ha fatto «soltanto leggi per i suoi affari e i suoi guai giudiziari, suoi e dei suoi amici della cricca di cui lei è il capo piduista», dice. «Lei poi è capace di comperare il consenso dei suoi pagandoli con moneta sonante, incarichi e candidature di favore e i suoi avversari ricattandoli, con sistematiche azioni di dossieraggio e killeraggio politico, di cui è maestro».
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