venerdì 5 luglio 2019
Sì all’iter semplificato per la Commissione che indagherà sulle strutture di accoglienza. Salvini e Fontana: «Una nostra vittoria». Ma l’assistenza minorile ha bisogno di interventi strutturali
Foto archivio Ap

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Si farà, e si farà più in fretta del previsto – sull’onda del caso choccante degli affidi illeciti a Reggio Emilia – la commissione d’inchiesta sulle case famiglia. Che, a dire il vero, nella vicenda agghiacciante ricostruita in questi giorni dalla Procura emiliana poco c’entrano, o quasi per nulla: il sistema delle bugie e dei “favori” iniziava in seno al servizio sociale, e ai colloqui preliminari che gli psicologi tenevano coi piccoli, per poi avvelenare addirittura le istituzioni.
Eppure, ecco che le (sole) case famiglia tornano nel mirino del governo. Il presidente della commissione Giustizia del Senato, il leghista Andrea Ostellari, ha incassato ieri il “sì” alla procedura semplificata e più veloce per l’iter e tutti i gruppi politici hanno votato a favore della proposta sulla commissione. Che, in sostanza, non dovrà passare dall’Aula. «Una vittoria della Lega» così come l’hanno subito accolta il ministro dell’Interno Matteo Salvini e quello della Famiglia Lorenzo Fontana, «con l’obiettivo – ha spiegato lo stesso Ostellari – di far luce su tutti i casi sospetti e garantire la massima trasparenza, protezione dei minori e controlli mirati».

Interventi a tutela dei più piccoli
Di strutture che accolgono bambini (3mila quelle presenti sul territorio, a fronte di oltre 21mila minori fuori famiglia) la politica, dunque, si metterà a parlare. Anche se in realtà – Avvenire lo ha scritto più volte negli ultimi mesi, da quando a Verona per la prima volta Salvini ha parlato di «business» dei piccoli, lanciando l’idea della commissione – l’assistenza minorile nel nostro Paese, più che di inchieste settoriali (per altro già svolte e in abbondanza negli ultimi anni) avrebbe bisogni di aiuti, schiacciata com’è tra l’incudine della mancanza di un coordinamento nazionale e il martello della crisi del welfare. Risultato: un sistema della tutela sociale molto depotenziato, nel quale il numero di bimbi e ragazzi inseriti nelle case famiglia in realtà si sta gradualmente riducendo (Lazio, Campania e Puglia meno 30% in 5 anni) e non perché le famiglie d’origine stiano meglio, ma perché quei bambini rimangono abbandonati a se stessi, tra famiglie che non sono in grado di provvedere ai loro bisogni e servizi pubblici che, a causa delle difficoltà economiche, dismettono la loro tutela. Col buco nero evidenziato – questa volta sì proprio dal caso di Reggio Emilia – dei Comuni al di sotto dei 5mila abitanti (sono l’80% degli oltre 8mila Comuni italiani), dove lo stesso operato dei servizi sociali viene affidato attraverso convenzioni a cooperative e associazioni senza alcun controllo. E quello del meccanismo stesso degli allontanamenti dalla famigli d’origine, decisione che un giudice minorile può prendere in base alla semplice relazione di un assistente sociale.

Mozione approvata all'unanimità
Tutti argomenti su cui per altro si è espressa proprio martedì, con una mozione bipartisan approvata all’unanimità, la Camera dei deputati. Chiedendo al governo non solo un giro di vite sugli affidi, ma anche più controlli, una fitta campagna di prevenzione e pene più severe, un’accelerazione dell’approvazione definitiva del ddl Codice rosso, (già licenziato dalla Camera e fermo da mesi al Senato). E ancora, «di rafforzare il coordinamento delle competenze istituzionali in materia di infanzia, adolescenza nonché di minori con disabilità, anche mediante la costituzione di un Tavolo tecnico interdisciplinare permanente, per l’approfondimento e l’analisi delle dinamiche e delle cause del fenomeno della violenza sui minori» e di «assumere ogni iniziativa, per quanto di competenza, per potenziare le attività dei servizi sociali, anche d’intesa con i Comuni, nella formazione degli operatori sociali, nonché prevedendo servizi di sostegno psicoterapeutici per i minori».

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