lunedì 7 maggio 2018
Due esponenti del clan romano Casamonica hanno preso a cinghiate una ragazza disabile perché volevano essere serviti per primi al bar. Il gip: «Si sentono padroni del territorio»
Un frame del video dell'aggressione (Ansa)

Un frame del video dell'aggressione (Ansa)

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Quattro arrestati per la duplice aggressione avvenuta a Roma in un bar il giorno di Pasqua. Due arrestati dalla polizia, mentre altri due, sentendosi braccati, si sono presentati ai carabinieri. Si tratta di Antonio Casamonica, 26 anni e di Alfredo, Vincenzo ed Enrico di Silvio, rispettivamente di 22, 28 e 71 anni. Agli arrestati contestata l'aggravante del metodo mafioso. «Appare evidente che i Casamonica e i Di Silvio siano assurti a padroni del territorio dove c'è il bar e che l'aggressione della donna prima e la spedizione punitiva nei confronti del barista, con annessa devastazione del locale dopo, abbiano
costituito una rivendicazione di tale diritti», scrive il gip.

Dicono, da queste parti e in tre quarti della Capitale, che sia stata «scoperta l’acqua calda». Anche perché ai Casamonica proprio non è mai riuscito frenare arroganza e sfoggio del loro potere, anzi. Così l’indagine sul raid in un bar alla Romanina (il cui video con le riprese delle telecamere di sorveglianza è diventato sul web quasi virale) è stata affidata alla Direzione distrettuale antimafia, dopo che i pm di Roma hanno aperto un’inchiesta per lesioni, minacce e danneggiamento, così da valutare l’eventuale esistenza dell’aggravante mafiosa per Antonio Casamonica e suo cugino Alfredo Di Silvio, gli autori dell’aggressione, nel giorno di Pasqua, a una donna e al trentanovenne proprietario romeno dell’esercizio commerciale.

Il ministro dell’Interno, Marco Minniti, fa sapere d’aver «telefonato al capo della Polizia, Franco Gabrielli, al quale ho chiesto una risposta ferma e tempestiva», perché «atti di questo tipo non possono rimanere impuniti».

Calci e cinghiate contro una donna in fila, bottigliate al barista. Ed effettivamente il video sconcerta e sgomenta. Tutto è avvenuta il primo aprile nel bar di via Salvatore Barzilai. Antonio Casamonica e il cugino Alfredo Di Silvio entrano e vogliono passare davanti a una donna invalida civile, che si lamenta e qui esplode la reazione animalesca: uno le strappa gli occhiali, l’altro la spinge contro il muro e la colpisce con la cintura. Poi le scaraventano via il cellulare e urlano: «Se chiami la Polizia ti ammazziamo». Finita? Macché. I due tornano dopo mezz’ora e prendono a bottigliate il barista perché non li aveva serviti subito. Assistono, nel bar, cinque o sei persone e nessuna fiata o muove un dito.

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L’ultima perla del clan, assai attivo nella periferia sud romana, era stato il contestatissimo funerale del capostipite Vittorio, celebrato il 19 agosto del 2015 al Tuscolano con tanto di elicottero noleggiato per lanciare petali di rose sul corteo, traffico deviato e musica del Padrino. Il titolare del bar adesso ha paura: «Sia per me che per i miei bambini. Temo che si possano vendicare», dice. «Quel giorno non volevano aspettare la fila e hanno detto "Qui noi siamo i padroni, è tutto nostro". Pensavo che la signora stesse con loro, poi ho capito che stavano litigando e lei mi difendeva, ad un certo punto le hanno gridato anche "ti ammazzo"».

Il bar è aperto e presidiato da una volante della Polizia e due vetture con agenti in borghese. Anche la moglie del titolare non è tranquilla: «Dopo quello che è successo, loro continuano comunque a passare qui davanti tutti i giorni, non prendono più il caffè ma ci fanno vedere la loro presenza». La sindaca Virginia Raggi ieri è andata a trovarla e ha preso un caffè: «Siamo qui perché le istituzioni non devono abbassare lo sguardo di fronte a episodi del genere. Chi denuncia deve essere sempre tutelato», ha detto. E poi, dopo aver parlato con la donna, ha aggiunto: «L’ho ringraziata per il coraggio della denuncia e lei mi ha risposto "Ma in realtà ho fatto una cosa normale"».

Oltre alla condanna unanime del mondo politico, il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, assicura che «Gianpiero Cioffredi, presidente dell’Osservatorio sicurezza e legalità Regione Lazio, ha incontrato la titolare del bar dove è avvenuto il raid dei Casamonica per comunicarle che avrà il pieno sostegno da parte degli avvocati della rete antiusura della Regione Lazio e che l’ente si costituirà parte civile nel processo».

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