sabato 30 settembre 2023
Giovedì la consegna della medaglia d'oro al valore civile a uno dei ragazzi di don Peppe Diana ucciso 50 anni fa. Eppure lo Stato non lo ha mai riconosciuto
I bambini di Casal di Principe in piazza per Francesco, giovedì scorso

I bambini di Casal di Principe in piazza per Francesco, giovedì scorso

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Casal di Principe e la memoria. Una memoria che cresce, riconosciuta anche dalle istituzioni. Un’altra che invece ottusamente e burocraticamente le istituzioni non riconoscono. Il paese di don Peppe Diana che ha resistito e sconfitto il potere camorrista, ha dedicato due giorni alla memoria. Giovedì il prefetto di Caserta, Giuseppe Castaldo ha consegnato la medaglia d’oro al valor civile alla memoria, alla famiglia di Valerio Taglione, scout, uno dei “ragazzi” di don Peppe che ne ha raccolto il testimone insanguinato dalla camorra, costituendo il Comitato che ne porta il nome.

Un protagonista della resistenza al potere camorrista e della rinascita del territorio, morto purtroppo ad appena 51 anni, l’8 maggio 2020 dopo una lunga malattia affrontata impegnandosi fino all’ultimo. Lo scorso 24 maggio il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, gli ha assegnato la medaglia d’oro come «motore e anima di tutte le iniziative anticamorra». A riceverla dalle mani del prefetto (»Un momento di grande orgoglio» dice), la moglie Alessandra, le figlie Cecilia e Elisabetta, in divisa scout, e i genitori Vincenzo e Clorinda che baciano la medaglia. Il papà ricorda quel 19 marzo del 1994 quando don Peppe fu ucciso. «In quel momento iniziò la lotta di Valerio alla camorra. Spero che ce ne siano altri come lui, che continuino contro chi ha distrutto questa terra così bella». E in tanti hanno riempito il piazzale di “Casa don Diana”, villa confiscata al boss Egidio Coppola e oggi, grazie all’impegno di Valerio e dei suoi amici, luogo di tante iniziative positive. Ci sono gli scout, sindaci, il vescovo di Aversa, Angelo Spinillo, il questore Andrea Grassi, parroci, e tanti che con Valerio hanno combattuto e vinto. «Valerio era un condottiero – ricorda Salvatore Cuoci, suo successore alla guida del Comitato don Peppe Diana - non si tirava mai indietro. Ci lascia una rete di associazioni che ha voluto fortemente costruire, un’eredità che noi vogliamo raccogliere costruendo le Terre di don Peppe Diana». Valerio, sottolinea il vescovo, «aveva la lucidità nel vivere l’impegno per il nuovo per le nostre terre. Questa è vera politica, questa è partecipazione come cristiano». Così il seme che muore porta buoni frutti. La moglie e le figlie lo rappresentano donando a tutti un sacchettino con un seme e invitando a scrivere su un foglietto quale frutto ha portato l’incontro con Valerio e poi appuntarlo, come una foglia, su un grande albero stilizzato.

Da un passato che è ancora presente, a un passato lontanissimo. Ieri si è ricordato Francesco Aversano, ucciso il 29 settembre 1973 ad appena 9 anni durante uno scontro a fuoco tra due gruppi camorristici rivali. Era per strada davanti a una cappella in occasione delle Prime comunioni. Un giorno di festa trasformato in giorno di morte. Francesco è la prima vittima innocente della camorra a Casal di Principe, prima di un lunghissimo elenco. Eppure lo Stato non lo ha riconosciuto, perché una crudele burocrazia è andata a trovare dei parenti di quarto grado legati ad ambienti criminali. Non così il suo paese, che lo vuole ricordare proprio come vittima innocente. E lo vuole raccontare ai ragazzi. Ieri sul luogo dell’uccisione, su quel muro dove rimasero le sue impronte insanguinate, è stata scoperta una targa “a sua perenne memoria, affinché nulla del genere possa più avvenire in futuro”. A scoprirla le sorelle di Francesco, Anna e Mariarita. Attorno centinaia di giovani, dai più piccoli della materna ai più grandi delle superiori.

«Ci sono tutte le scuole di Casal di Principe, pubbliche e paritarie» dice con soddisfazione l’assessore all’istruzione, Marisa Diana, cugina di don Peppe. Poi in corteo, col gonfalone del comune di testa, ci si sposta a “Casa della liberazione”, villa confiscata al boss Walter Schiavone, ora ospita servizi dell’azienda sanitaria, e un parco giochi intitolato a Francesco. Su un cartello, accanto al suo nome, le parole di suor Adelia, testimone di quel giorno drammatico ma poi anche del riscatto del territorio. «Quei tempi sono passati e questo paese può esprimere finalmente tutte le sue potenzialità riprendendosi la sua dignità, quella che ha sempre avuto. Si è fatto tantissimo ed è necessario che tutte le persone di buona volontà facciano rete per tenere fuori chi vuole fare solo del male». I bambini depongono attorno tante piantine che abbelliranno il parco. «Un luogo dove poter giocare, divertirsi, cosa che è stata impedita a Francesco - conclude il sindaco, Renato Natale -. Vogliamo che il nostro paese sia sempre più un luogo dove i nostri bambini hanno diritto a giocare e ancor più a vivere». E anche questo è fare memoria, per impegnarsi sempre di più, nel ricordo di Valerio e Francesco.


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