sabato 30 aprile 2016
​Il primo piazzale dedicato ad Antonio Di Bona Cerimonia con don Ciotti e il vescovo Spinillo.
Camorra, a Casal di Principe 60 vie per le vittime
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«Siamo onorati per quello che fate oggi per papà. La rabbia di allora si trasforma in gioia che vogliamo condividere con tutti». Si commuove Teresa, figlia di Antonio Di Bona, vittima innocente di camorra. Agricoltore, il 6 agosto 1992 in un’officina dove aveva portato il suo trattore, venne ucciso perché testimone dell’omicidio del titolare. «Un padre onesto che come tanti usciva di casa la mattina per portare il pane ai figli», rivendica Teresa. Oggi il suo paese, Casal di Principe, gli intitola il piazzale davanti alla sua parrocchia dello Spirito Santo. Una semplice cerimonia preceduta dalla messa presieduta dal vescovo di Aversa Angelo Spinillo e da alcune testimonianze.  «Oggi – dice il vescovo – ricordiamo tutte le vittime di una violenza cieca. La criminalità diffonde nel mondo un odore pestilenziale. Noi, invece, di questa terra vogliamo fare una terra di comunione». Parole forti in una chiesa dove 20 anni fa dopo un’iniziativa per la legalità venne addirittura rubato l’altare del ’600. Lo ricorda il sindaco Renato Natale: «Questa nostra comunità ha sofferto tanto. Sono stato testimone di tante vittime ma anche di tanti segni di resistenza. Quello che facciamo oggi giunge alla fine di un lungo percorso ». Che non si ferma. Così Natale annuncia che «60 strade del paese avranno finalmente un nome. E in gran parte sarà delle vittime innocenti di camorra». Certo, come sottolinea l’ex presidente del Tribunale di sorveglianza di Napoli, Carmine Antonio Esposito, «la strada è ancora lunga e richiede l’impegno di tutti per cambiare la mentalità». Lo conferma la presidente del Tribunale di Napoli Nord, Elisabetta Garzo. «I camorristi non devono avere solo la condanna dei tribunali ma di tutti noi per far sì che ci sia finalmente la rinascita». Ma la storia davvero cambia. Come l’associazione 'Terra nuova', dedicata a Di Bona e a un’altra vittima innocente, Pasquale Miele, coordinata dai figli Salvatore e Giuseppe col sostegno del consorzio Agrorinasce, «perché la memoria si nutre di simboli, luoghi e azioni», spiega l’ad, Gianni Allucci. Lo afferma con forza Francesco Curcio, della Direziona nazionale antimafia che da pm identificò i killer di Di Bona. «Sono testimone di 30 anni di questa terra, era un inferno. Ma ora c’è stato un cambiamento straordinario, allora inimmaginabile. Ma – avverte – non é detto che le conquiste che abbiamo fatto rimangano. Dovete ricordare che siete cittadini e non sudditi». Lo Stato qui non intende mollare. «Di Bona era un uomo che lo Stato ha il dovere di ricordare - assicura il prefetto di Caserta, Arturo De Felice-: 24 anni fa la camorra fece male i conti, pensava di farla franca e che il paese non avrebbe reagito». Davvero oggi, sottolinea don Luigi Ciotti, «qui stiamo vivendo la memoria della responsabilità, della coerenza e della continuità. Per questo – è il suo invito – abbiamo tutti la responsabilità di non mollare. Ho visto segni di speranza, persone che si sono spese, per trasformare i nostri 'no' alla camorra in 'noi'». Ma attenzione, denuncia, «alla mafia delle parole perché la lotta alle mafie non può essere tema di facile consenso. E c’è chi dice 'noi' ma continua a pensare 'io'. Servono parole vere, se mancano ci sono ingiustizia e violenza. La nostra speranza è dare speranza a chi non l’ha più».
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