venerdì 1 marzo 2013
​Tracce di Dna equino sono state trovate in un campione di pasta fresca ripiena prelevato in un ipermercato di Turate, provincia di Como. E in Gran Bretagna le vendite di hamburger congelati e piatti pronti crollano del 40%.
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Carne di cavallo (non dichiarata in etichetta) nell'impasto dei tortellini. Per la precisione in un «campione di pasta fresca denominata “Piemontesino al vitello” prelevato dai Nas di Milano». Terso caso in Italia di positività al Dna equino in prodotti che, stando a quando riportato in etichetta, avrebbero dovuto contenere esclusivamente carne bovina.L'Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell'Emilia Romagna a Brescia ha comunicato il riscontro della positività per carni equine, non dichiarate in etichetta, in un campione di pasta fresca ripiena prelevato dai Nas in un ipermercato di Turate (Co). La pasta, da 500 gr., lotto n. 01/07 con scadenza 13/03/2013, risultata positiva alla prova per la ricerca di carni equine, è stata prodotta e confezionata dalla ditta “La Marchesina s.r.l.” di Usmate Velate (Mb). Le ulteriori verifiche del Nas, estese alle aziende che hanno fornito la materia prima utilizzata dalla ditta lombarda, hanno consentito di procedere al sequestro cautelativo sanitario di 210 kg di carne dichiarata di vitello e di bovino adulto, con contestuale prelievo di campioni, sui quali sono in corso esami analitici.Gran Bretagna, crollano le vendite di prodotti congelatiCrollano, in Gran Bretagna, le vendite di hamburger congelati e piatti pronti del 40%. Ma anche in Francia, dove il consumo di cavallo non è un tabù, le vendite di carne congelata sono calate del 5%. Lo evidenzia la Confederazione italiana agricoltori, sottolineando che da quando la vicenda è scoppiata tre settimane fa, nonostante sugli scaffali ravioli e tortellini a marchio Buitoni tornano con tanto di bollino “carne bovina selezionata”, in Europa si cominciano a fare i conti con gli effetti sui consumi dello scandalo della carne di cavallo. «Ora preoccupano le ripercussioni della “febbre da cavallo” anche nel nostro Paese con un “effetto fuga” capace di creare contraccolpi pesanti sugli allevatori, ma soprattutto sull'industria del settore», osserva la Cia. «Soltanto il segmento dei piatti pronti in Italia - prosegue - genera un giro d'affari annuo di 330 milioni di euro nei canali della Gdo, di cui 80 milioni solo per i primi pronti freschi».In un anno, puntualizza poi, «il comparto ha fatto segnare un aumento delle quantità acquistate superiore al 5% e oggi nello Stivale ci sono 31.955 imprese, soprattutto piccole, che producono piatti pronti, precotti e refrigerati». Tutte aziende, queste, che «ora rischiano battute d'arresto e danni economici rilevanti se la truffa commerciale si trasforma in una psicosi generalizzata che allontana e disaffeziona i consumatori, tanto più che di fronte a un allarme alimentare il 45% degli italiani ammette di tutelarsi evitando di comprare i cibi finiti “nel mirino” per un certo periodo di tempo», conclude.
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