mercoledì 17 giugno 2015
Caritas e associazioni fanno rete. Tasselli della rinascita di Roma oltre Mafia capitale | Quei preti che lavorano alla rinascita di Roma
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È arrivato il momento di non delegare, di fare uno scatto in avanti - come cristiani e come romani - per diventare tasselli fondamentali del nuovo volto di Roma. Le parole di domenica di Papa Francesco alla città chiedono, infatti, in primis ai cristiani un sussulto di responsabilità, «di umanità e di valori» per saper vivere la dimensione più profonda della fede, così questa città - e l’Italia intera - ne beneficerà. Il direttore della Caritas romana, monsignor Enrico Feroci, parte dal presupposto che Roma «sia un terreno fertile» per «superare la mentalità dell’utilizzo dell’altro». La solidarietà verso i profughi di questi giorni «lo dimostra». Ciò che fa più male di Mafia Capitale, comunque, è «l’essersi serviti dei poveri invece che servirli, per questo dobbiamo chiedere loro scusa», ricorda poi Paolo Ciani della Comunità di Sant’Egidio perché, «quello non è il nostro modello antropologico e culturale. Non possiamo rassegnarci a questo». L’interrogativo da porsi è come «far rinascere questa città insieme - aggiunge -, dando ognuno il proprio contributo per ricostruire il volto della capitale».Nessuno ha la bacchetta magica, certo, e il percorso di rinnovamento morale della città non sarà breve. Bisognerà avere «presidi sul territorio», una «task force di uomini di buona volontà», suggerisce il responsabile capitolino della Federazione San Vincenzo de’ Paoli, Roberto Fattorini, cioè «un gruppo di laici di alto profilo» che dimostrino che «le buone cose possono essere fatte bene e con pochi soldi», perché il volontariato è «un moltiplicatore formidabile». Il riscatto dovrà partire da ogni cittadino, tuttavia, per riacquistare come persone e romani «la credibilità e la coerenza personale» che ultimamente è mancata. Certo la Capitale non è solo come i media la raccontano, ribadisce la presidente del Forum delle associazioni familiari del Lazio, Emma Ciccarelli, «lo conferma ad esempio l’esperienza culturale del meeting della famiglia di Roma, in cui si mette in mostra la bellezza dello stare insieme». Non può perciò «far notizia solo il marcio», aggiunge, ogni associazione cattolica ha ora «il compito di dimostrare come si può integrare la vita con i valori e la fede».Questa «patina opaca» che si spande sulla città, «coprendone i tratti più belli e più sani», difatti, piace poco anche ad Acli e Mcl della Capitale. Il Vescovo di Roma ha suscitato in tutti «la voglia di alzare la testa, di raccontare ciò che di buono si fa ogni giorno per i quartieri, e che non fa rumore», è il ragionamento da cui parte la presidente delle Acli romane, Lidia Borzì, visto che ci sono moltissime «realtà laiche che lontano dai riflettori si spendono per rendere accogliente Roma». Partecipazione, solidarietà, sussidiarietà, etica e trasparenza saranno perciò le linee guida da cui ripartire. «Adesso è il tempo della semina, anche in vista del Giubileo della Misericordia», prosegue, magari con una rete, «un’alleanza tra laici e cattolici». È giunta infatti l’occasione «di dire la nostra come movimenti, uscendo dal guscio» gli fa eco il numero uno del Movimento cristiani lavoratori di Roma, Enzo De Santis, «facendo le nostre proposte per la città», per dare un senso diverso alla quotidianità, «senza più delegare». Lo dobbiamo alle giovani generazioni, i romani di domani.
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