sabato 4 febbraio 2017
L'intesa siglata dal governo italiano con Sarraj (Libia) non convince le associazioni. Migrantes: le patenze verranno spostate da Tripoli a Bengasi.
La Caritas: l'accordo Italia-Libia non fermerà i trafficanti
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«Si è siglato un accordo con un Paese, la Libia, che è al di fuori del contesto europeo come in qualche modo poteva essere la Turchia; che non dà garanzie; che potrebbe semplicemente spostare gli sbarchi da Tripoli a Bengasi, territorio che non è sotto il controllo di Al Sarraj». Ne è convinto monsignor Giancarlo Perego, direttore generale di Migrantes. Il patto sui migranti stretto dal presidente del Consiglio Paolo Gentiloni con il premier libico Fayez Al Sarraj non fermerà i trafficanti. «Questo accordo – prosegue Perego – indebolisce la tutela del diritto d’asilo e scarica ancora una volta la responsabilità nei confronti di persone che sono in fuga da guerre, violenze, fame, povertà e terrorismo».

Ma la constatazione più drammatica, sottolinea il direttore di Migrantes, è che con il nuovo piano legittimato anche dall’accordo Ue, si rischia di contare ancora più morti in mare. Perchè con Bengasi, la distanza via mare con l’Italia si allontana. Perego chiede al governo italiano di «ritornare sui suoi passi». «L’intesa – conclude – annulla l’accordo sui ricollocamenti per quote nei diversi Paesi Ue, di fatto già negato o di- satteso nel contesto europeo».

Anche Caritas italiana punta il dito contro «la politica dello scarica barile». «L’idea di esternalizzare le frontiere europee facendo fare ad alcuni Paesi, prima la Turchia e oggi la Libia, le sentinelle d’Europa è una modalità che non accettiamo perché è la politica dello scarica barile » ha detto Oliviero Forti responsabile immigrazione, in un’intervista al Tg2000. «La Libia si fa fatica a definirlo Paese – attacca Forti – perché attualmente ha un leader che non è riconosciuto internamente dalle varie forze presenti. La Libia ha un riconoscimento internazionale, ma una fragilità e debolezza che rischia di far naufragare il piano ancor prima che venga attuato».

Unicef lancia un grido d’allarme in difesa dei più piccoli. Negli ultimi tre mesi, 190 bambini migranti e rifugiati sono morti nel Mediterraneo. «L’Europa agisca con urgenza per proteggerli» lancia l’appello ai 28 riuniti a Malta, Justin Forsyth, vice direttore generale dell’agenzia per l’Infanzia delle Nazioni unite. Mentre, secondo Msf, che con i suoi team medici è presente nei centri di detenzione a Tripoli, quello dell’Ue, è «un approccio inumano». «La Libia non è affatto un Paese sicuro – si legge in un comunicato diffuso ieri – e impedire alle persone di lasciare quel paese o costringerle a ritornarvi equivale a mettere in discussione i fondamentali valori della dignità umana e del rispetto delle regole su cui si fondano le istituzioni europee ».

«L’accordo #ItaliaLibia è cinico, ipocrita, fallimentare, disumano» scrivono su twitter, 'correggendo' il messaggio lanciato online dal Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni. Intanto, non si ferma il grande esodo. Anche ieri è stata un’altra giornata difficile nel Mediterraneo. Oltre 1.300 migranti sono stati soccorsi su gommoni e barconi stracarichi e alla deriva, a poche miglia dalla Libia. Fra loro molte donne e minori, tanti non accompagnati e anche tre neonati.

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