venerdì 22 febbraio 2013
​Firmata a Padova una Dichiarazione d’intenti tra il ministero, l’università cittadina e il Dap.
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L'accesso all’istruzione universitaria deve contare su «pari opportunità e uniformità» in tutto il territorio italiano. Anche quello delle carceri, perché è anche da qui che passa la riscoperta della legalità. È con questo spirito che il ministro della giustizia Paola Severino ha sottoscritto a Padova, con il rettore dell’università Giuseppe Zaccaria, una Dichiarazione di intenti che impegna l’ateneo e il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap) a sviluppare un sistema integrato nazionale di studi destinati alle persone detenute. Già numerosi i poli universitari attivi dietro le sbarre: da Torino a Sassari, da Roma (Rebibbia) a Milano, salendo per Firenze e Padova. «Padova ha tracciato una strada che credo vada percorsa», ha riconosciuto il ministro, tra l’altro evidenziando che ci vorrebbe un’intera legislatura per decongestionare puntualmente i penitenziari. «La mia presenza qui vuole segnalare – ha insistito – che il carcere può essere diverso, che la cultura della legalità può essere acquisita nel carcere, che dietro le sbarre si può imparare un lavoro, che ci possono essere strade alternative a una detenzione considerata semplicemente come privazione della libertà. Padova ne è la testimone». Solo una settimana fa Severino era stata a Padova, per nuovi accordi sul lavoro nei penitenziari, valorizzando le cooperative sociali. Il progetto, sottoscritto ieri nella storica aula magna dell’ateneo, assegna a Padova il compito di coordinare le esperienze esistenti e di raccogliere proposte per uno schema di protocollo d’intesa. Il primo passo operativo è l’istituzione di un apposito gruppo di lavoro composto da rappresentanti di Dap, università e istituzioni territoriali. Il Dipartimento, dal canto suo, predisporrà  strutture e locali adeguate per la permanenza dei detenuti-studenti e lo svolgimento delle attività didattiche. Altra interessante clausola dell’accordo è il comune impegno, dell’ateneo e del ministero, a diffondere la conoscenza del mondo penitenziario all’interno delle Università e, attraverso la riflessione del mondo accademico, alla società esterna. Sono sempre più numerosi i detenuti che hanno l’ambizione di diventare dottori. In Lazio, negli ultimi sette anni, sono aumentati del 570%. Nella casa circondariale di Prato l’università di Firenze ha una vera e propria sede didattica. A Bologna, l’Università e il Garante regionale dei detenuti si sono messi d’accordo, tra l’altro, per il  finanziamento di una borsa di studio per un laureato in giurisprudenza perché possa completare una ricognizione sulle risorse del volontariato di assistenza penitenziaria e post-penitenziaria.  Fin dal 2003 il carcere “Due Palazzi” di Padova ospita attività accademiche per tutti i detenuti del Triveneto che intendono laurearsi. Il contributo economico della Fondazione della Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, attraverso l’Associazione Volontari Carcerari, ha assicurata la copertura delle spese relative alle tasse universitarie anche ai detenuti privi di mezzi e ha garantito il sostegno economico per il reperimento del necessario materiale didattico (libri, postazioni, materiale informatico). Circa una settantina gli iscritti, distribuiti tra i corsi di laurea in Lettere e Filosofia, Scienze Politiche, Scienze della Formazione, Giurisprudenza e Ingegneria. Presso la casa circondariale “Lo Russo e Cotugno”, di Torino, gli studenti per continuare devono superare almeno tre esami di profitto, oltre che partecipare all’opera di rieducazione. Al “Pausania” di Alessandria sono attivati il corso di laurea in Scienze politiche, il corso di laurea in Informatica giuridica e il corso di laurea in Informatica. Il polo di Reggio Emilia prevede la formazione a distanza.
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