martedì 17 dicembre 2013
Secondo la Uil 7 miliardi tagliabili su 23,2 di spesa totale.
Ichino: «Così contratto unico e semplificazione»
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Stipendi, consulenze, contributi, incarichi, poltrone d’oro, d’argento... I costi della politica non sono soltanto i rimborsi elettorali ai partiti, aboliti per decreto dal governo venerdì scorso. In quel caso ballavano "solo" (si far per dire) 91 milioni l’anno ma, se si allarga la prospettiva al peso economico diretto e indiretto della politica, si scopre che ammonta a oltre 23 miliardi di euro. Lo certifica la Uil in uno dei suoi periodici rapporti sul tema: 23,2 miliardi, per la precisione, distribuiti tra le spese per il funzionamento degli organi istituzionali, i costi delle società pubbliche, le varie (inevitabili?) consulenze esterne e, acer in fundus, il conto da pagare alla «sovrabbondanza del sistema istituzionale». Già quest’ultima definizione lascia intendere che, a voler tagliare (o «affondare il bisturi dove manca trasparenza», come auspica in una nota anche il Sir, l’agenzia d’informazioni promossa dalla Cei) ci sarebbe soltanto l’imbarazzo della scelta. Anche perché il sistema, così com’è, grava mediamente sulle tasche di ciascun contribuente italiano per 757 euro all’anno. Altro che Imu, Tares e via tar-tassando... Detta in altri termini, tra 144mila tra parlamentari, ministri e amministratori locali, 24mila poltrone nelle società pubbliche, 45mila negli organi di controllo, 39mila di supporto agli uffici politici, 324mila posti di apparato (cosiddetti "portaborse" e affini), 545mila consulenti, ci giochiamo l’1,5% del Prodotto interno lordo. E la legge di Stabilità in discussione in queste ore, accusa ancora la Uil, rischia di peggiorare la situazione.A vario titolo, ben un milione e 100mila italiani vivono di politica. Si tratta del 5% del totale degli occupati nel nostro Paese, sottolinea il segretario generale Luigi Angeletti, ed è «un numero che non ci possiamo più permettere: abbiamo perso un milione di posti di lavoro, ma nemmeno un assessore».Oltre a fare i conti in tasca ai Palazzi, il sindacato di via Lucullo lancia anche una proposta: rispetto a quei 23,2 miliardi di spesa «si possono e si devono ottenere risparmi di spesa di almeno 7,1 miliardi». Per esempio accorpando i Comuni, mettendo a dieta rigida le Province, eliminando la gestione "disinvolta" dei fondi che – insegnano le cronache – ha contagiato quasi tutte le Regioni, razionalizzando il "Burosauro" statale.E i sindacati? Quanto ci costano? Angeletti respinge il paragone: «Noi non siamo come i partiti, i nostri bilanci sono pubblici e le entrate derivano da contributi volontari». Poi però ci sono i Caf, Centri di assistenza fiscale, e i patronati. Ma per quelli, obietta il leader dell Uil, «lo Stato dà rimborsi sotto i costi industriali. Anzi, prima o poi faremo ricorso alla Corte europea».
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