giovedì 20 ottobre 2016
La presidente della Camera: «Dedicata a tutte le braccianti che hanno avuto fiducia in noi». (Antonio M. Mira) IL VIDEO Laura Boldrini incontra le vittime del caporalato
Adesso la lotta al caporalato passa anche dal supermarket
Boldrini: caporalato, legge punto di partenza
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«Questa legge la voglio dedicare a tutte quelle donne braccianti che hanno avuto fiducia in noi, e a tutte quelle donne e quegli uomini che sono morti in questi anni nei nostri campi. La loro morte non è stata inutile. Oggi, con questo provvedimento, essere presidente della Camera assume un significato ancora più pieno». È la dedica di Laura Boldrini, all’approvazione della legge sul caporalato. E lo fa ricordando la sua esperienza come portavoce dell’Acnur. «Ho visto persone ridotte a schiavi. La schiavitù è un istituto bandito secoli fa. Sulla carta. Ma oggi conviviamo con le nuove forme di schiavitù. La tratta, donne ingannate e vendute come pezzi di carne, costrette a prostituirsi nelle strade. Anche bambine. Le vediamo e facciamo finta di niente. Lo sfruttamento in agricoltura si incrocia con questa altra piaga. Escrescenze maligne che vanificano tanti atti normativi, tanti trattati. La nostra civiltà giuridica ne esce profondamente ferita. E allora bisogna fare questi provvedimenti non solo per salvare le vittime, ma anche per riscattare la nostra società».

 

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Ma basterà questa nuova legge? Il Parlamento ha fatto la sua parte, ha dato un segnale importante, votando quasi all’unanimità e in soli dieci mesi, a riprova che quando c’è la volontà politica i provvedimenti hanno dei tempi veloci. Ma non è un punto d’arrivo. È fondamentale, però è l’inizio di un percorso in cui il Parlamento dovrà fare un monitoraggio e valutare se la legge che abbiamo votato incide effettivamente oppure se c’è da fare dei correttivi. Per questo è prevista una 'cabina di regia' che dovrà fare una relazione, così come i ministeri del Lavoro e delle Politiche sociali che dovranno inviare la loro alle Camere. Ma le novità ci sono e non poche. Cadono gli alibi. 'Io non sapevo' non si può più dire. Adesso ne rispondono anche le aziende che sfruttano il lavoro e poi ci sono misure pesanti contro i caporali e altre in sostegno alle vittime.

La legge ha avuto molti sostenitori... Hanno collaborato tutti: i braccianti e le braccianti, i sindacati e le associazioni degli imprenditori agricole. C’è stata una sinergia istituzionale veramente straordinaria. L’1 maggio sono stata a Mesagne con le donne bracro cianti della Puglia. Hanno raccontato le loro paure, le condizioni in cui lavorano. Ho avuto molto disagio a rappresentare lo Stato. In quell’occasione ho detto che se la 'tolleranza zero', tanto sbandierata da alcuni politici contro i migranti irregolari fosse stata usata contro chi sfruttava italiani e migranti, oggi noi non ci troveremmo in condizioni veramente vergognose. Con queste donne si è stabilito un rapporto. Le ho invitate a Montecitorio e sono venute l’1 agosto: Maddalena, Nica, Carmela, Lucia, Lorenza, Vita e Stefano, il marito di Paola Clemente, la bracciante morta lo scorso anno. Dovevano sapere che non erano sole, che facevamo sul serio, perché per lo- non era facile avere fiducia. Di lì a poco è arrivato alla Camera il provvedimento. Ho incontrato tutti i sindacati. Ci sono state alcune audizioni. Sono state ascoltate anche le rappresentanze degli imprenditori.

Dal mondo dell’impresa erano arrivati anche segnali negativi. C’erano alcune preoccupazioni ma abbiamo voluto subito chiarire che il provvedimento non è contro di loro, ma a tutela di tanti imprenditori seri, che producono reddito per le loro famiglie e per il Paese, perché non fossero confusi con quelli che riducono in schiavitù. Fino ad ora l’adesione alla certificazione etica non è stata molto ampia: solo 446 imprese su 180mila. Dicono le associazioni di settore che le procedure sono complesse, i criteri troppo stringenti e non ci so- no incentivi a entrare nel circuito virtuoso. Servirà un bilancio e dei correttivi se necessario.

Intanto i lavoratori continuano a vivere nei ghetti. Dovremo riuscire a fare in modo che i datori di lavoro pensino anche all’alloggio degli stagionali. Al Nord già accade al Sud no. Se gli imprenditori agricoli capissero il valore aggiunto dell’alloggio in condizioni dignitose questo consentirebbe di far uscire l’Italia da questo cono d’ombra.

Perché questi migranti sono lavoratori e regolari. Ricordo che quando avvennero i fatti drammatici di Rosarno, il ministro dell’Interno tuonava che 'la rivolta c’è perché siamo stati troppo buoni con i clandestini e loro si ribellano contro lo Stato'. Io e i miei colleghi dell’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati con la Polizia, andavamo in giro per le campagne a chiedere ai migranti di uscire da dove si erano nascosti per paura di essere impallinati. Il 90% erano regolari ed erano lì per lavorare. Se si accetta la corsa al ribasso sul lavoro per i migranti, non possiamo poi pensare che non arriverà anche agli italiani. Coi migranti si è chiuso un occhio come se fosse solo un problema loro. Non è un problema loro. La corsa al ribasso sui diritti non salva nessuno.

Lo confermano i dati del rapporto Caritas sulla povertà.  La povertà che aumenta deve essere un allarme per tutti, specialmente per chi governa. Se un Paese impoverisce è un Paese che regredisce. La povertà assoluta aumenta e la classe media si assottiglia. Lo Stato deve fare il proprio dovere, il mercato da solo non fa la cosa giusta, segue logiche che non necessariamente riguardano la redistribuzione, anzi spesso il contrario. Bisogna corregge questa tendenza, con interventi mirati. Soprattutto al Sud.

C’è una grande attenzione al momento del salvataggio in mare dei migranti. Ma poi di loro ci dimentichiamo. Così si fanno affari, vedi Mafia Capitale, provocando speculazioni. Il salvataggio in mare è un dovere giuridico e etico e l’Italia lo fa con abilità e umanità. Ma il lavoro non finisce qui. Auspicando un sistema di ridistribuzione europea che ancora non sta funzionando, in Italia va potenziato il sistema dello Sprar che è basato sull’accoglienza in piccoli centri ed è più sostenibile da un punto di vista sociale. Va allargato con una capacità di assorbimento realistica rispetto ai numeri, altrimenti ogni anno andiamo in emergenza. Se vogliamo che l’Italia sia capace di vivere in modo armonico questo tempo c’è bisogno di lavorare sull’integrazione. È irresponsabile e miope pensare che una società si adatta spontaneamente ai nuovi arrivati. Così creiamo i presupposti per enormi problemi e per una società spaccata che vive nel timore dell’altro. L’integrazione va gestita, con risorse ma soprattutto percorsi come sta facendo la Germania. Dobbiamo riuscire a rendere questa presenza un valore e una risorsa. Se tutto viene lasciato alla sorte, senza una visione e una strategia, anche la persona di buona volontà si troverà ad avere i sentimenti peggiori.

Come dire che sono soldi sprecati quelli spesi per recuperare i mille migranti affondati col loro barcone... La vita di un italiano non vale più di quella di uno che viene dalla Siria o dall’Iraq. Il doppio standard è raccapricciante. A chi fa questi squallidi calcoli chiederei: se tuo figlio fosse morto a 16 anni e finito in fondo al mare che faresti? Non vorresti che i suoi poveri resti fossero recuperati per avere una degna sepoltura?

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