venerdì 18 settembre 2015
Le perquisizioni tra i vigneti di Canelli e Nizza Monferrato Sul caso di Paola Clemente emerge il ruolo delle donne nelle organizzazioni del «nero». E per la donna morta in Puglia tra i mediatori spuntano colleghe.
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Il caporalato non è una piaga soltanto dell’Italia meridionale. Lo dimostrano i maxi controlli effettuati da 50 militari tra l’Arma astigiana e Carabinieri dell’ispettorato del lavoro di Asti e Milano tra i vigneti piemontesi.Tra il 21 agosto e l’11 settembre – le settimane della vendemmia – le forze dell’ordine hanno passato al setaccio le aziende vinicole e il territorio di Canelli e  Nizza Monferrato, nell’astigiano, contro il caporalato e lo sfruttamento del lavoro nero. La task force ha scandagliato le vigne, i boschi e le piazze dei paesi, luoghi di maggiore aggregazione dei lavoratori stagionali che qui giungono in massa dai paesi dell’Est europa.Le perquisizioni e i controlli sono stati effettuati nelle fasce orarie (mattina presto e tardo pomeriggio) e nei luoghi di maggiore aggregazione dei lavoratori stagionali. Sono state ispezionate 33 aziende agricole ed esaminate le situazioni di 175 lavoratori. I 130 lavoratori identificati (bulgari, macedoni e rumeni) sono tutti immigrati regolari. Rilevate però 15 situazioni di irregolarità, tra cui sette lavoratori in nero, un minore impiegato senza sorveglianza sanitaria preventiva e altre mancanze. Sono state erogate sanzioni per un totale di 110mila euro. In due casi è stata disposta la sospensione delle attività dell’azienda.Nelle scorse settimane il caso di Canelli era stato oggetto di una serie di inchieste giornalistiche, da cui è emerso che accanto ad aziende che reclutano lavoratori in modo regolare, ce ne sono altre che pagano ai lavoratori compensi di 3-5 euro l’ora. Gli stagionali, inoltre, spesso dormono in cascinali diroccati, pagando cifre spropositate.Sul fronte meridionale, invece, si registrano novità rispetto alle indagini sulla morte di Paola Clemente, bracciante agricola di 49 anni morta lo scorso 13 luglio mentre lavorava all’acinellatura dell’uva nelle campagne di Andria. Da perquisizioni nelle abitazioni di un centinaio di braccianti agricole, polizia e guardia di finanza hanno acquisito agende e annotazioni personali fatte dalle colleghe di Paola da cui risulterebbero discrepanze tra le buste paga e le giornate effettivamente lavorate.Le indagini, tra l’altro, stanno facendo emergere che la struttura di caporalato avrebbe nella sua organizzazione in posizioni apicali anche diverse figure femminili. Pare infatti che l’attività di sorveglianza sui campi delle braccianti venisse svolta dalle "capomaglia", donne che nella rete organizzativa si collocano subito al di sotto del caporale.
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