lunedì 20 gennaio 2014
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All’Aquila è ancora guerra di cifre, ma quattro dati, incrociando i numeri diffusi in questi giorni, paiono inconfutabili: la ricostruzione è in ritardo di tre anni, da aprile ha avuto un’accelerazione, i soldi non bastano (12 miliardi investiti dal 2009, dieci già spesi, oltre un miliardo servirà nel 2014) e per veder rinascere i centri storici, restaurando gli oltre 1800 monumenti danneggiati, ci vorranno dieci anni. Sulla qual cosa sono d’accordo tutti, persino la Giunta dimissionaria – i numeri dell’assessore alla ricostruzione Pietro Di Stefano, diffusi ieri, coincidono con quelli governativi – il che significa che il disaccordo è su chi debba gestire soldi e lavori. A farlo esplodere è stata la decisione dei magistrati di scoperchiare il vaso di Pandora dell’emergenza, ma l’inchiesta Do ut Des è anche l’occasione per mettere in mora l’intera classe politica locale e riportare nei ministeri romani le scelte sulla ricostruzione. Una guerra di potere che non appassiona i terremotati – come dimostra il fallimento del Cialente pride di venerdì sera – ma che emerge chiaramente dai giudizi del sindaco dimissionario: «Non ho sentito nessuno del governo negli ultimi giorni, fate due più due e capirete che non posso tornare indietro» ha detto dopo aver sparato a zero sull’esecutivo e sulla Chiesa, che rivendica il diritto di partecipare alle scelte che riguardano i beni di cui è proprietaria. Anche in questo caso la polemica sollevata dal sindaco ha motivi politici e non giuridici, come dimostrano i documenti del ministero dei Beni culturali. Dai quali si evince ad esempio che la sostituzione del Direttore regionale Maurizio Magani non è il frutto di oscuri "disegni" bensì dell’accorpamento imposto dalla spending review tra la direzione abruzzese e quella molisana, che si compierà entro il 28 febbraio. Ma soprattutto che la ricostruzione delle chiese non sottrarrà risorse a quella delle case perché è finanziata con fondi ad hoc. Al Mibac spiegano che il terremoto ha danneggiato 1830 monumenti, di cui 1045 chiese, 730 palazzi privati e 55 tra fontane e altri monumenti. La direzione regionale del Mibac ha avviato «un programma pluriennale (2013-2021) che prevede interventi di consolidamento e restauro del patrimonio culturale dell’Aquila e del suo territorio e che interessa 485 beni monumentali per una spesa complessiva stimata (al 2012) di 585 milioni di euro; gli interventi presi in esame sono per il 95% di proprietà ecclesiale». Il codice degli appalti prevede che il soggetto attuatore dei lavori sia il proprietario ma le ordinanze dell’emergenza hanno complicato le cose attribuendo la titolarità prima al vicecommissario ai beni culturali, quindi al Mibac. Anche su questo fronte, comunque, i lavori procedono a ritmo serrato: «Nel 2013 la Direzione regionale ha gestito, nell’area colpita dal sisma, circa 155 milioni di euro (tutti impegnati) – spiegano – e sono 103 gli interventi che la Direzione regionale sta trattando dalla fine della gestione commissariale». Al novero vanno aggiunti, tra gli altri, importanti cantieri finanziati da donazioni private, tra cui Santa Maria del Suffragio (le Anime Sante, finanziata al 50% dal governo francese), Santa Maria della Croce di Roio (Liguria), Palazzo Ardinghelli e Chiesa di San Gregorio Magno a San Gregorio (Russia), San Pietro Apostolo a Onna (Germania). Nove complessi, come la Fontana 99 Cannelle (donazione Fai) e l’Oratorio San Giuseppe dei Minimi (Kazakhistan), sono già stati restaurati.
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