domenica 12 settembre 2021
Comincia la raccolta di firme per il referendum. I promotori: subito 50mila. Venti giorni per completare Ma gli operatori lo bocciano. Don Albanesi: «Non si batte un male con altro male»
Cannabis legale, ora ci riprovano
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Comincia la raccolta di firme per il referendum. I promotori: subito 50mila. Venti giorni per completare Ma gli operatori lo bocciano. Don Albanesi: «Non si batte un male con altro male». No dal centrodestra Nella settimana in cui la commissione Giustizia della Camera ha approvato il testo base della legge sulla cannabis, parte la raccolta delle firme per il referendum, molto discusso, che ne depenalizza la coltivazione. L’annuncio formale è giunto da un gruppo di associazioni, dalla Luca Coscioni ad Antigone, dal Forum Droghe alla Società della Ragione, con l’appoggio politico di partiti come +Europa, Radicali e Possibile. Lo scorso 7 settembre è stato depositato alla Cassazione un quesito che propone di intervenire sia sul piano penale sia sulle sanzioni amministrative. La raccolta delle firme sarà una corsa contro il tempo, visto che andrà completata in soli 20 giorni. La legge, infatti, consente che le firme siano raccolte solo nei primi nove mesi dell’anno, entro il 30 settembre. Per questo i promotori si affidano a Internet e alle adesioni grazie alla firma digitale. «Puntiamo all’obiettivo delle 500mila firme entro fine mese e siamo sicuri che i cittadini saranno con noi», sostiene Massimiliano Iervolino di Radicali italiani. E la partenza sarebbe stata sprint: «Nelle prime cinque ore sono arrivate oltre 50mila adesioni», dicono dal comitato. Per Maurizio Gasparri (Fi), invece, «si tratta di una scelta grave e irresponsabile, che contrasteremo democraticamente con la forza della verità e degli argomenti».

«Ma davvero pensiamo che si possa rispondere a un male, qual è il traffico delle sostanza stupefacenti, permettendo un altro male anche se - teoricamente - minore? ». Don Vinicio Albanesi va dritto al punto. Dodici anni alla presidenza del Cnca (Coordinamento nazionale comunità di accoglienza), è ancora in prima linea con la sua Comunità di Capodarco di recupero per tossicodipendenti.

Il referendum vuole legalizzare l’«uso ricreativo» della cannabis. Un passatempo innocuo?
Chi ha un po’ di esperienza sa che le cosiddette droghe leggere in realtà sono tali solo in rari casi. Molto spesso provocano dipendenze. Quella da marijuana e hashish non è meno grave delle altre. La dipendenza è una necessità che ti costringe a soddisfarla. È vero che qualcuno riesce a gestire queste sostanze nei cosiddetti momenti di svago. Ma la realtà non è questa, specie per gli adolescenti.

Mettere a disposizione di ragazzi in via di formazione sostanza psicotrope è rischioso?
Sì, e per diversi motivi. Solita- mente il ragazzo cerca i suoi pari, quelli che hanno le sue stesse usanze e costumi. Chi usa la cannabis tende far parte di circoli chiusi, per cui le cosiddette amicizie si riducono a un giro molto stretto e isolato di consumatori. E poi, proprio non riesco a capire come la tendenza attuale al salutismo, al biologico, al vegetariano si possa conciliare con la spinta alla liberalizzazione di sostanze sicuramente dannose.

Dicono che il mercato legale cancellerebbe quello illegale.
Credo invece che si svilupperà un mercato parallelo. La constatazione che non si riesce a vincere il mercato nero delle droghe non è sufficiente per dire: allora legalizziamolo.

Ma uno dei cavalli di battaglia dei fautori è che così «si sottraggono profitti alle mafie».
È una sciocchezza. Pensare di combattere la mafia eliminando un pezzetto dei suoi introiti mi fa ridere. Le mafie spacciano droghe, sfruttano la prostituzione, trafficano in organi, si infiltrano negli appalti, lucrano sull’azzardo. Il crimine organizzato sposta le sue attività continuamente, là dove può fare profitti.

Un altro motivo per liberalizzarla sarebbe che lo Stato già tollera tabacco e alcolici. E ci guadagna.
Lo Stato cerca di contenere tabagismo e alcolismo con restrizioni sulla pubblicità e la vendita. Cerchiamo di chiudere una porta e poi apriamo le finestre ad un’altra dipendenza? Il consumo di cannabis c’è perché destabilizza. Se no i ragazzi le canne non se le farebbero. Quasi sempre chi è arrivato all’eroina o alla cocaina è passato per la cannabis. Non tutti, per fortuna, ma è un rischio reale.


I tre punti toccati dal quesito referendario

Il quesito referendario incide sul Testo Unico del 1990 in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope. Con esso in primo luogo si propone di depenalizzare la 'coltivazione', intervenendo sulla norma dell’art. 73, comma 1, e di eliminare la pena detentiva per ogni condotta illecita relativa alla cannabis, tranne l’'associazione finalizzata al traffico illecito'. Sul piano amministrativo, infine, si propone di eliminare la sospensione della patente di guida e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori per chi fa uso personale di tali sostanze.

Il partito della cannabis dice che la legalizzazione non ne aumenterà il consumo.
Falso. Le mafie raffineranno sostanze più potenti. Hanno imposto il passaggio dall’eroina alla cocaina. Offrono un’ampia scelta di sostanze chimiche. Non è una soluzione. E i ragazzi spesso mischiano il fumo con pasticche e altro.

È preoccupato per gli effetti sul mondo giovanile?
Non capisco questo malinteso spirito libertario concesso dagli adulti a minori che già vivono problemi seri di crescita e di equilibrio. Vedo giovani con problemi di alcol, coinvolti in gang violente. Legalizzare la cannabis sicuramente non risolverà queste problematiche. Probabilmente le aggraverà. © RIPRODUZIONE RISERVATA «È sciocco pensare di combattere la mafia eliminando un pezzetto dei suoi introiti. Sono sostanze che danno dipendenza come altre droghe. Questo malinteso spirito libertario degli adulti aggraverà i problemi di molti giovani» Don Vinicio Albanesi, a lungo presidente del Coordinamento delle comunità d’accoglienza

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