domenica 14 luglio 2019
Si chiama "Car-T" l’innovativa procedura che insegna al nostro sistema immunitario a riconoscere il tumore e a ucciderlo
«Cancro, terapia rivoluzionaria. La svolta arriva anche in Italia»
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«Sulla base delle prime sperimentazioni non ho difficoltà a dirlo: questa terapia può rappresentare una svolta epocale nella lotta al cancro». Se l’affermazione è di Paolo Ascierto, direttore dell’unità di Oncologia sperimentale, melanoma, immunoterapia e terapie innovative dell’Istituto nazionale tumori di Napoli 'G. Pascale' – ovvero di quel tipo di studiosi che utilizzano con il contagocce termini come «promettente » o «incoraggiante» e che sono poco avvezzi ai facili entusiasmi –, allora si può facilmente immaginare come la comunità scientifica stia valutando le 'Car-T', termine inglese che sta per Chimeric antigen receptor T-cell. Proviamo a spiegare. Il nostro sistema immunitario, che ci difende da cellule estranee o pericolose, a volte, a causa di meccanismi di evasione messi in atto da alcune di queste cellule, non è in grado di proteggerci perché non le riconosce come cattive. Le cellule tumorali sono infatti normali cellule dell’organismo che vanno incontro a modifiche genetiche che le consentono di eludere il meccanismo immunitario che quindi non sa riconoscerle come pericolose. Le Car-T sono linfociti T (cellule) geneticamente ingegnerizzati che, esponendo sulla loro superficie un recettore specifico, insomma dotandosi di una 'spia', riescono finalmente a riconoscere le cellule tumorali come un pericolo per l’organismo e, di conseguenza, ad ucciderle. Questi linfociti T sono definiti 'chimerici' perché costituiti da due componenti: una porzione che riconosce il target tumorale, quindi i nostri nemici, e una porzione che permette loro di attivarsi contro questi nemici, come dei veri killer 'buoni'.

Professor Ascierto, ma come si fa ad attivare le Car-T?
La terapia consiste in due fasi: una prima in cui alcune cellule del sistema immunitario del paziente, i linfociti T, vengono prelevate e modificate geneticamente in maniera tale da poter essere in grado di riconoscere le cellule tumorali; e una seconda fase in cui queste cellule modificate vengono reinfuse nello stesso paziente, permettendo questa volta il riconoscimento della cellula tumorale e la sua uccisione. Attraverso questo meccanismo le cellule maligne, che inizialmente riuscivano ad eludere il sistema immuni-tario, vengono riconosciute e combattute dal sistema immunitario stesso.

Dunque sta in questo meccanismo la 'rivoluzione'?
Certo. Le Car-T sono in via di approvazione quale strategia utile per quelle malattie le cui terapie tradizionali non hanno mostrato beneficio. Insomma, per un certo numero di pazienti avremo una valida opzione in più. Opzione che, nei trial clinici, ha mostrato tassi di guarigione definitiva fino al 4050%. Consideriamo che stiamo parlando di pazienti che non avevano più alternative. Le sembra poco?

Tutt’altro. Ma è vero che le Car-T stanno dando risultati molto positivi nei tumori liquidi? È possibile immaginare che questa terapia potrà costituire un’arma potente anche per i tumori solidi?
Assolutamente sì. I risultati ottenuti dall’utilizzo dei Car-T su alcuni tumori del sangue, in particolare per il trattamento della leucemia linfoblastica acuta a cellule B e del linfoma B a grandi cellule, per le quali c’è già stata l’approvazione Fda (ente regolatore Usa, ndr) ed Ema (ente regolatore europeo, ndr), hanno aperto la strada alla sperimentazione clinica su tante altre forme di tumore. Attualmente sono in corso numerosi studi volti a valutarne l’efficacia e la sicurezza in pazienti affetti anche dal cancro della mammella, del pancreas, del polmone, del cervello, di testa e collo, ma anche di altri tumori ematologici, come il mieloma.

L’Italia partecipa alle sperimentazioni?
In Italia sono stati trattati dal 2016 ad oggi circa 30 pazienti, di cui alcuni affetti da leucemia linfoblastica acuta (Lla) e altri da linfoma.

E le risposte?
Le risposte, come affermavo prima, sono impressionanti. È importante ricordare che in Italia sono stati soggetti a trattamento dei bambini che, partecipando allo studio, hanno già permesso la registrazione di un farmaco per la Lla: si tratta del Tisagenlecleucel.

Quando si passerà alla pratica clinica?
Al momento questa importan- te ed innovativa terapia non rientra nella pratica clinica italiana. È ancora in corso la procedura di approvazione da parte dell’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco.

Quando sarà disponibile?
L’Italia potrebbe iniziare a beneficiarne entro la fine dell’anno in corso.

Sappiamo che si tratta di una procedura molto complessa (oltre che molto costosa): quanti pazienti all’anno potranno essere trattati in Italia e in quali centri?
Si prospetta che il numero di pazienti trattati in Italia si aggirerà intorno a 500-600 all’anno. Tale trattamento necessita di una selezione del paziente molto accurata, di tempi di attesa lunghi (circa 3 mesi tra prelevamento e reinfusione delle cellule modificate) e soprattutto di centri altamente specializzati che siano in grado di affrontare e risolvere quelli che potrebbero essere importanti complicanze. Insomma, le strutture dovranno essere accreditate a livello internazionale per il trapianto allogenico e creare team che includano ematologo, oncologo, medico trasfusionista e rianimatore. Così la terapia può diventare potenzialmente devastante per il tumore.

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