lunedì 30 luglio 2012
La Commissione ecomafie già 16 anni fa presentò in Senato una relazione catastrofica sull’emergenza causata dall’incendio dei rifiuti nella provincia di Caserta: risultavano contaminati mangime, foraggio, latte e derivati. TUTTE LE PUNTATE
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«La combustione dei rifiuti, pericolosi e non, sprigiona altissime colonne di fumo nere e dense. I mezzi a disposizione degli ecocriminali, per tali devastazioni, sono rudimentali ma efficaci. Bastano, solitamente, pneumatici fuori uso, stracci e taniche di benzina». Non è la descrizione odierna della “terra dei fuochi”, quella che stiamo raccontando da tre settimane. È, invece, quello che scriveva otto anni fa la Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti, meglio nota come Commissione ecomafie. Era il 28 luglio 2004 e nella "Relazione sull’attività della commissione", a pagina 53, c’era un paragrafo intitolato "L’emergenza diossina nella provincia di Caserta". Con questi precisi riferimenti ai roghi dei rifiuti. «Materiale da bruciare c’è in abbondanza nelle campagne isolate. Qui i camion arrivano di notte e trovano ad attenderli persone fidate, senza le quali nessuno sarebbe capace di districarsi tra le stradine della campagna. Sono proprio questi fumi densi e neri che hanno originato la cosiddetta "emergenza diossina" nelle zone del casertano e napoletano». Gli allarmi sulla “terra dei fuochi” sono dunque vecchissimi. Ben noti perfino al Parlamento. Almeno dal 1996, come vedremo. Ma inascoltati. Eppure la denuncia era chiarissima. «In seguito agli esami eseguiti su numerosi campioni di mangime, foraggio, latte e suoi derivati – si leggeva ancora – è emersa la presenza di una percentuale di diossina superiore di ben dieci volte i limiti fissati dalla normativa europea». Allarme preciso e documentato. Infatti, proseguiva la Commissione, «la diossina è la causa dell’inquinamento di una notevole estensione del territorio, in particolare tra i comuni di Marcianise ed Acerra da una parte, e Casal di Principe e Castel Volturno dall’altra».Una storia comunque ancora più vecchia. Il 24 marzo 2004, nel corso delle audizioni della Commissione a Caserta, il direttore del dipartimento prevenzione della Asl Aversa Ce2, Pasquale Campanile, rivela: «Sin dal lontano 1994 abbiamo cominciato tutta una serie di ricerche miranti a verificare se, nelle produzioni zootecniche e nelle foraggiere destinate all’alimentazione del bestiame, vi fossero contaminanti ambientali di prevalente provenienza da discarica». Ebbene tali contaminanti c’erano, già 18 anni fa. «Abbiamo verificato – proseguiva Campanile – che, in presenza dei siti a più alta conurbazione ed a più alta concentrazione di micro e macrodiscariche – abusive e non; autorizzate e non –, la presenza di diossina in concentrazioni superiori alla media di tre picogrammi stabilita dal regolamento comunitario, era massiccia». Quale il motivo? Di varie ipotesi, rivela il dirigente, «la più verosimile ci è sembrata l’abbruciamento massiccio di scorie, pneumatici, gomma e quant’altro».Una situazione drammatica che era già stata segnalata al Parlamento fin dall’11 marzo 1996 nella Relazione conclusiva della Commissione, allora solo del Senato. «Di eccezionale gravità – scriveva ben 16 anni fa – si è rivelata la situazione riscontrata tra le province di Caserta e Napoli, in particolare nell’agro aversano e lungo la litoranea domiziano-flegrea, per la presenza di numerose discariche abusive di rifiuti, la cui gestione è direttamente riconducibile a clan della criminalità organizzata». Due anni dopo la Commissione, divenuta bicamerale, nella Relazione sulla Campania approvata l’8 luglio 1998 aggravava l’allarme: «È stato accertato che analisi compiute su alcune colture di Villa Literno hanno evidenziato una concentrazione di metalli pesanti assai superiore ai limiti previsti dalla legge, determinando aumenti di neoplasie, soprattutto nella provincia di Caserta. Si tratta di una situazione da tenere sotto stretto controllo, adottando idonee misure e promuovendo indagini epidemiologiche specifiche, per accertare eventualmente la connessione tra tali episodi e gli smaltimenti illeciti di rifiuti nel territorio».Quattordici anni dopo la situazione si è aggravata come confermano proprio le indagini epidemiologiche. Eppure la Commissione è tornata ad occuparsene altre due volte. Nella Relazione sulla Campania del 26 gennaio 2006 si legge: «È emerso un territorio martoriato per alcune significative porzioni, e visibilmente oltraggiato da lunghe e numerose colonne di fumo, sprigionate dai frequenti incendi di rifiuti, fonti incontrollate di inquinamento da diossina e, quindi, di pericolose alterazioni dell’intera catena alimentare». Il 13 giugno 2007, in una nuova Relazione, la Commissione fa anche delle proposte, definendo «indilazionabile un programma di monitoraggio a carattere permanente avente ad oggetto la presenza e la concentrazione di diossina nei territori maggiormente colpiti dall’emergenza rifiuti nonché il livello di esposizione a rischio delle popolazioni residenti». Questo cinque anni fa. Ma nulla è cambiato nella “terra dei fuochi” della quale è tornata a occuparsi anche l’attuale Commissione. Vedremo cosa scriverà nell’imminente nuova Relazione.
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