mercoledì 12 giugno 2013
​Al centro delle indagini, delegate ai carabinieri, gli ingenti traffici di cocaina fatta arrivare dalla Spagna per alimentare le piazze di spaccio dell'hinterland partenopeo.
COMMENTA E CONDIVIDI
Sono 110 le ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip del Tribunale di Napoli su richiesta della Procura distrettuale antimafia nei riguardi di persone gravemente indiziate dei delitti di associazione di tipo mafioso, traffico internazionale di stupefacenti, tentato omicidio e detenzione di armi, aggravati da finalità mafiosa.Al centro delle indagini, delegate ai carabinieri del Ros e del comando provinciale di Napoli, le attività illecite del clan Di Lauro, con particolare riferimento a ingenti traffici di cocaina, fatta arrivare dalla Spagna, per alimentare le piazze di spaccio dell'hinterland partenopeo. Colpito dal provvedimento anche il circuito relazionale dei più stretti favoreggiatori del capo clan, il latitante Marco Di Lauro.Un'azienda perfetta e mai in crisi con un sistema collaudato e gestito direttamente dai capoclan. In cassa almese 1,6 milioni di euro al netto delle spese per la gestione di una 'piazza' di droga. Sono questi i conti del clan Di Lauro, una delle cosche più ricche della Campania che ha fatto dello spaccio di sostanze stupefacenti al rione dei Fiori a Secondigliano e poi in tutta l'area Nord l'unica entrata. È auanto emerge da un sequestro del 18 giugno 2010 di circa 200 block notes a casa di Salvatore Zimbetti, uno dei due cassieri della cosca del boss Paolo Di Lauro, 'Ciruzzo 'o milionario'. In un quaderno, per esempio, si è scoperto che nella sola giornata del 16 giugno di tre anni fa, la rete di spacciatori era riuscita a collocare sul mercato 11.498 dosi di cocaina e kobrett per un ricavo di 40mila euro.Erano due le 'capitali' dello spaccio dei Di Lauro: una al 'Terzo Mondo' e una al 'Rione dei Fiori'. Due i contabili della cosca. Oltre a Zimbetti c'era anche Gennaro Monfrecola, e poi c'erano i cassieri, Salvatore Stornaiuolo e Carlo Capasso. Una parte delle entrate, sostiene il gip Raffaele Piccirillo, finanziavano tutte le spese della cosca: gli avvocati, l'acquisto delle armi e delle munizioni, la corruzione, il mantenimento delle famiglie degli affiliati detenuti, le 'settimane' per i killer, guardaspalle, sorveglianti armati, per i meccanici che riparavano le decine di auto di 'servizio', i rimborsi per i prestanome di garage e depositi dove veniva stoccata la droga, il pagamento ai figli dei Di Lauro per le loro spese 'personali' (di ogni tipo, dalla ristrutturazione delle abitazioni, l'arredamento, l'acquisto di auto e scooter, il mantenimento delle amanti). Quando furono sequestrati i libri contabili della cosca di Paolo Di Lauro per decriptarli fu necessario l'intervento di Carlo Capasso, il collaboratore di giustizia che ha dato impulso, con le sue dichiarazioni all'inchiesta. "'Mp 16 Pacc Matt 6400', voleva dire 16 pacchetti piccoli di crack distribuiti agli spacciatori al 'Terzo Mondò. Ogni pacchetto è costituito da 23 dosi vendute a 20 euro l'una. Quindi somministrato tutto il pacchetto di droga si ricava la somma segnata a fianco ovvero 6.400 euro", ha riferito ai pm Capasso.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: