sabato 3 agosto 2013
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La camorra a Pompei c’è «ma è una presenza sommersa, fatta soprattutto di speculazione edilizia, investimenti immobiliari». In altre parole i clan «controllano, attraverso prestanome, alberghi, ristoranti e altre attività commerciali di contorno agli scavi e al Santuario». E non sono solo i clan locali. «Qui da tempo sono arrivati i "casalesi" coi soldi e la capacità imprenditoriale. Hanno dei professionisti, dei veri e propri broker degli investimenti camorristi». È l’analisi degli investigatori che da anni seguono con molta attenzione gli affari della camorra nel territorio di Pompei e dei paesi limitrofi. Una presenza che, almeno fino ad ora, ha tenuto fuori i clan dagli scavi. «Precisato che la camorra cerca di infiltrarsi ovunque possa fare affari, i controlli che abbiamo fatto su appalti e subappalti escludono un’ingerenza criminale all’interno dell’area archeologica. Forse perché c’è più attenzione, è più sorvegliata». Altra cosa è il territorio che, sottolinea chi indaga, «proprio per la presenza degli scavi e del Santuario ha un valore molto alto per gli investimenti immobiliari, in primo luogo quelli turistici. E qui la camorra sicuramente c’è, ma è presenza sommersa». Che, assicurano, «sorvegliamo con molta attenzione».Qui il clan storico è quello dei Casarano, famoso perché il boss riuscì a fuggire dall’aula bunker di Salerno. Clan storico, legato a quello degli Alfieri, ma oggi indebolito e sicuramente attivo sotto traccia. Poche estorsioni e molto investimenti per riciclare il denaro sporco. Ma con la concorrenza di altri gruppi anche non locali, come, appunto, gli ormai onnipresenti "casalesi". Proprio per questo gli investigatori stanno tenendo gli occhi puntati sull’ultimo affare attorno agli scavi e al Santuario. Da sei mesi, infatti, a circa 50 metri dall’area archeologica e a 200 dal Santuario è sorta un’enorme sala bingo con annesse slot machine. Qui l’azzardo non si era mai visto, poi un anno fa è stata aperta una prima sala bingo a Scafati, il paese confinante, a circa un chilometro da scavi e Santuario. E ora quella a Pompei, con parcheggio e supermercato a fianco. Tutto legale, concessioni e funzionamento. Ma, ovviamente, tanti soldi investiti in così poco tempo insospettiscono e così i due locali «sono stati attenzionati», come si dice in gergo "sbirresco". Oltre, ovviamente, a non essere un vicino gradito sia alle opere d’arte che alla spiritualità. E, purtroppo, i giocatori sono già moltissimi, facilitati dalla presenza del parcheggio.Non l’unico vicino poco gradito. «Una piaga di Pompei – ricordano ancora gli investigatori – è la prostituzione, più volte denunciata dal Vescovo, nella zona tra Santuario e scavi. Metà sono italiane e metà dell’Europa dell’est. Un fenomeno che stiamo fortemente combattendo anche col sequestro di alberghi compiacenti. Ma purtroppo il flusso turistico lo favorisce».
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