venerdì 13 maggio 2016
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Molti impegni e vigorose prese di posizione, ma il vertice anti-corruzione di Londra rischia di essere ricordato come il summit delle promesse. Ad organizzarlo e aprirlo Cameron che si è scagliato contro questo «cancro» mondiale, capace di alimentare terrorismo e instabilità politica. Ma il premier britannico è arrivato all’appuntamento dopo lo scandalo dei Panama Papers e la gaffe sui Paesi «fantasticamente corrotti», che ha urtato i leader di Nigeria e Afghanistan. Una serie di impegni piuttosto generici - sono stati comunque presi dai 40 Paesi, fra cui il segretario di Stato Usa, Kerry, e per l’Italia il Guardasigilli Orlando e il presidente dell’Anac Cantone. Cameron ha elogiato le norme italiane, più avanzate di Gran Bretagna e gran parte dei presenti, e annunciato in casa sua l’introduzione di un registro in cui le società straniere che investono sul lucroso mercato immobiliare dell’isola dovranno rivelare dettagli sui loro asset e su chi ne beneficia: le compagnie con sede all’estero controllano 100mila proprietà in Inghilterra e Galles e oltre 44mila sono a Londra. Ma solo in cinque, Francia, Kenya, Olanda, Nigeria e Afghanistan, si sono impegnati a fare lo stesso. Altri sei, fra cui Australia e Irlanda, valutano misure in tal senso. Tante le ombre di questo vertice: assenti o ostili i paradisi offshore, accuse di «ipocrisia» agli Usa da Cayman e Bermuda (che a Kerry citano il Delaware, rifugio di migliaia di società e di presunti evasori). Fuori Oxfam e Action Aid protestavano: «Anche questa notte gli evasori dormiranno sonni tranquilli».
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