martedì 14 gennaio 2014
​Così la Corte costituzionale ha bocciato il Porcellum. «Attuale premio di maggioranza distorsivo».
Doppia bocciatura di Marco Tarquinio
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Tramonta il Porcellum, bocciate le attuali liste bloccate e premio di maggioranza, e reintroduzione delle preferenze. Ma pur così mutilata la legge può ancora permettere di votare. In pratica con un proporzionale senza premio. È una sentenza immediatamente applicativa quella deposita ieri a tarda sera dalla Corte costituzionale dopo più di quattro ore di camera di consiglio. E la Consulta precisa anche che le Camere, pur elette con la legge cassata, sono perfettamente legittime, in quanto «organi costituzionalmente necessari ed indefettibili e non possono in alcun momento cessare di esistere o perdere la capacità di deliberare». E questo vale per l’attività svolta, «compresi gli esiti delle elezioni svoltesi e gli atti adottati dal Parlamento eletto», ma anche per «gli atti che le Camere adotteranno prima che si svolgano nuove consultazioni elettorali». Perché «principio fondamentale» è «la continuità dello Stato».Ventisei pagine molto ricche, con alcune sorprese, quelle delle motivazioni della sentenza dello scorso 4 dicembre, frutto del lavoro del relatore Giuseppe Tasauro ma anche delle "limature" che hanno impegnato a lungo i giudici e i consulenti della Consulta.
Il premio di maggioranza previsto dal Porcellum, denuncia la Corte, «è foriero di una eccessiva sovra-rappresentazione» e può produrre «una distorsione», perché non impone «il raggiungimento di una soglia minima di voti alla lista». Mentre la libertà di voto del cittadino «risulta compromessa» dall’attuale legge elettorale, nella parte in cui non consente all’elettore di esprimere una preferenza per i candidati. «Le condizioni stabilite dalle norme censurate sono tali da alterare per l’intero complesso dei parlamentari – si legge nella sentenza – il rapporto di rappresentanza fra elettori ed eletti. Anzi, impedendo che esso si costituisca correttamente e direttamente, coartano la libertà di scelta degli elettori nell’elezione dei propri rappresentanti in parlamento, che costituisce una delle principali espressioni della sovranità popolare e pertanto contraddicono il principio democratico, incidendo sulla stessa libertà del voto».E la Consulta, proprio su questo punto, non si limita alla bocciatura ma indica anche una via, che può essere praticata anche senza una legge. «Per quanto riguarda la possibilità per l’elettore di esprimere un voto di preferenza, eventuali apparenti inconvenienti, che comunque non incidono sull’operatività del sistema elettorale», «possono essere risolti mediante l’impiego degli ordinari criteri d’interpretazione» e «mediante interventi normativi secondari». Cioè anche con regolamenti che modifichino anche solo il disegno delle schede elettorali, lasciando all’elettore la possibilità di scelta, una o più.Cosa, dunque, resta in vigore? Anche qui la Consulta è molto chiara: «La normativa che rimane in vigore stabilisce un meccanismo di trasformazione dei voti in seggi che consente l’attribuzione di tutti i seggi, in relazione a circoscrizioni elettorali che rimangono immutate, sia per la Camera che per il Senato». In pratica resta in piedi un meccanismo «proporzionale», «depurato dell’attribuzione del premio di maggioranza». E, precisano i giudici costituzionali, si tratta di una norma «complessivamente idonea a garantire il rinnovo, in ogni momento, dell’organo costituzionale elettivo, così come richiesto dalla costante giurisprudenza di questa Corte».
Insomma la norma pur così fortemente mutilata può permettere di andare a votare, anche se il Parlamento è libero di approvare una nuova norma. Infatti, conclude la Consulta, il nuovo testo così modificato «produrrà i suoi effetti esclusivamente in occasione di una nuova consultazione elettorale, consultazione che si dovrà effettuare o secondo le regole contenute nella normativa che resta in vigore a seguito della presente decisione, ovvero secondo la nuova normativa elettorale eventualmente adottata dalle Camere».
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