martedì 7 marzo 2017
Scenari peggiori delle previsioni, il governo intervenga con misure specifiche
Il demografo Rosina

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Per capire la gravità del fenomeno, è sufficiente tornare alle previsioni elaborate dall’Istat nel 2011. «Nel peggiore degli scenari – ricorda il demografo dell’Università Cattolica, Alessandro Rosina – non si ipotizzava mai un dato annuale inferiore alle 500mila nascite all’anno. Mai. Intendiamoci poi: il periodo considerato non andava dal 2011 al 2016, ma dal 2011 al 2065. Dunque: si prevedeva che mai si sarebbe andati sotto i 500mila nati per un arco temporale di oltre 50 anni. Invece già l’anno scorso siamo scesi abbondantemente al di sotto del mezzo milione: sono nati 474mila bambini, peggio del 2015, quando peraltro la soglia dei 500mila nati era stata sfondata al ribasso. Siamo di fronte a uno scenario così negativo da non essere stato neppure previsto».

Numeri tale da imporre un cambio immediato dell’agenda politica.

Al netto del fatto che la crisi economica ha finito per peggiorare ulteriormente le cose, è evidente che adesso servirebbe un impegno epocale da parte delle istituzioni. L’inverno demografico dovrebbe essere il primo punto da affrontare per chiunque voglia determinare il futuro di questo Paese. L’Italia non può tirarsi indietro.

Sta dicendo che un serio programma di governo dovrebbe mettere al centro la natalità?

Certo. Fare un figlio è l’unica scelta di vita irreversibile per una coppia. Un Paese funziona nella misura in cui permette ai suoi cittadini di lasciare la casa dei propri genitori per andare a formare una famiglia, dopo aver trovato un lavoro e una stabilità economico-finanziaria.

I dati Istat confermano che gli immigrati, da sempre più propensi di noi ad avere figli, tendono a uniformarsi ai nostri costumi. Perché?

Senza il contributo degli immigrati, la situazione demografica oggi sarebbe ancora peggiore, con squilibri e costi più alti. D’altra parte, sbaglia chi dice che l’immigrazione risolverebbe tutti i nostri problemi in materia di natalità. Non ha senso dividerci tra famiglie italiane e straniere, quando tutti dovrebbero avere a cuore un Paese che torna a crescere. Vale per il Nord, dove il tasso di fecondità è più alto, così come per il Sud, dove è diventato più basso.

L’incapacità di dare risposte di sistema è anche alla base della fuga di tanti giovani all’estero?

Esattamente. Dobbiamo costruire intorno alle nuove generazioni un contesto che le incoraggi a immaginare qui il loro futuro, per costruirci un lavoro e una famiglia. Gli Stati che crescono di più sono quelli che hanno investito più a lungo termine in politiche familiari. È accaduto e accade così nei Paesi scandinavi, in Francia, negli Usa. Chi come la Germania si è accorta di essere rimasta indietro, sta accelerando per recuperare il terreno perduto.

Può bastare una legislatura per invertire uno scenario del genere?

Bisogna iniziare domani e non basterà una legislatura. Occorre passare dalla retorica delle promesse ai fatti concreti. Subito.

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