sabato 12 marzo 2016
​L'appello del procuratore Cafiero de Raho. Dai dati sulle morti per tumore, gli investigatori cercano di risalire ai luoghi degli smaltimenti.
Calabria, rifiuti illegali «Chi sa si faccia avanti»
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«Noi il nostro lo stiamo facendo, ma voi cosa fate? Questo territorio é vostro! La mia porta è sempre aperta e in tanti vengono. Ma a denunciare smaltimenti illeciti di rifiuti non viene nessuno. Non é pensabile che tutto si faccia fare agli altri. Chi abita il territorio è il suo custode. Venite e troverò io il modo per non esporvi». É uno sfogo e un appello quello del procuratore di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho. L’occasione è l’incontro nella parrrocchia di Santa Marina Vergine a Polistena sul tema “La Piana avvelenata? Non padroni avidi ma custodi attenti della casa comune”. Riflettendo sull’enciclica di Papa Francesco “Laudato si’” attraverso i problemi concreti. In questo caso i rifiuti, dei quali il procuratore è un grande esperto avendo guidato la Dda di Napoli nelle più importanti inchieste sulla “Terra dei fuochi”. «Chi pensa che quel disastro ambientale sia stato fatto da imprenditori sprovveduti non ha capito niente – riflette su quei drammatici fatti –. La camorra, il clan dei “casalesi”, grazie al controllo del territorio si è arricchito più coi rifiuti che con la droga». E la ’ndrangheta non è da meno. «Ma pensate davvero – sottolinea il procuratore – che un camion possa venire a scaricare i rifiuti e la ’ndrangheta non sappia o non dica niente? La ’ndrangheta autorizza e sostiene tutto, anche i furti e le rapine, pensate se non lo fa per i rifiuti...». Forse anche per questo nessuno parla. «E allora non possiamo andare a scavare tutta la Piana. Saremmo folli se andassimo a cercare qualcosa senza precise indicazioni. Una ricerca al buio non si fa. Come sarebbe più semplice – torna a ripetere – che qualcuno ci dicesse. Possibile che nessuno ci dica niente?». Ma certo i magistrati non si fermano. «Facciamo un accertamento inverso, partendo dalle patologie. In Calabria non c’è il registro tumori. Finalmente a febbraio è stata approvata la legge istitutiva regionale. Vedremo... Ma noi non aspettiamo e siamo andati a recuperare i dati al Ministero della Salute. Dove avremo esito positivo, dove troveremo anomalie scaveremo». Non è l’unica iniziativa che ha preso la Procura. La scorsa estate, grazie a un aereo della Guardia costiera, sono state fatte delle analisi del territorio sulle diversitá termiche che potrebbero rivelare la presenza di rifiuti interrati. «Ora – aggiunge Cafiero de Raho – faremo degli accertamenti su una discarica che rischia di inquinare la falda. Ci costerà 60mila euro. Come sarebbe più semplice intervenire – torna a insistere – se qualcuno ci dicesse magari che é coinvolta la ’ndrangheta. Invece l’inchiesta è lunga è costosa». Per ora, spiega, «in tanti luoghi non abbiamo avuto riscontri alle voci, abbiamo fatto ricerche e carotaggi ma non abbiamo trovato nulla. L’Arpacal dice di non aver trovato niente, ma qualche dubbio lo abbiamo...». Però, aggiunge, «ancor prima di cercare i rifiuti bisogna cercare i “rifiuti umani” che ancora dettano legge. Perché nessuno deve vedere i propri genitori o i propri figli uccisi da un tumore provocato dai rifiuti, ma ancor di più non li deve veder perdere la propria libertà». E parte una dura accusa. «Questo territorio si é lasciato andare, si é venduto a chi vi tratta da schiavi». Ma ora, torna ad appellarsi, «é un momento storico di cui la gente si deve rendere conto. Qui ora lo Stato é molto ben rappresentato. Bisogna recuperare la fiducia che ancora non c’è. É il momento in cui fare scelte definitive». Anche perché «in alcune zone la prassi mafiosa si sta rompendo e la ’ndrangheta reagisce per dire “noi ci siamo”. Dobbiamo insistere, sostenendo chi denuncia. Quando saremo in tanti le cose cambieranno. Sono fiducioso». È un invito a riprendersi la propria libertà. Da parte sua il procuratore fa una promessa. «Io resto qua fin quando non libereremo questo territorio, ma insieme».
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