mercoledì 2 marzo 2016
Storia di Caterina, sola nel deserto. Da cinque anni la linea ferroviaria dell’Aspromonte non è più utilizzata e la stazione è costantemente vandalizzata. Altra occasione persa per lo sviluppo turistico della regione.
Calabria, dove i treni non arrivano più
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Capostazione di una stazione senza treni. È Caterina Furfaro, 'operatore di stazione in funzione di capo stazione' a Cittanova, una delle 'porte' dell’Aspromonte, lungo la linea Gioia Tauro-Cinquefrondi delle Ferrovie della Calabria (ex Calabro Lucane), dove da cinque anni non passano più treni. Linea a scartamento ridotto, 32 chilometri tra il mare e la montagna, 5 stazioni, aperta tra il 1924 e il 1929. Caterina, giovane mamma di un bimbo di 3 anni, ci lavora dal 2007, assunta dopo il pensionamento del papà ferroviere. «All’inizio non volevo, mi stavo per laureare in Giurisprudenza a Messina. Ma poi ho accettato, rinunciando alla laurea. Ed è stata una fortuna perché da 'dottoressa' mi avrebbero trasferita a Catanzaro», ricorda. Nel 2008 è andato in pensione il capostazione e da allora è toccato a lei guidare la struttura. «Facevo anche le manovre anche se era un po’ pesante», ci spiega facendo vedere le due grandi leve coi contrappesi che comandano gli scambi prima e dopo la stazione. Ma qui ora non passa più alcun convoglio. «L’ultimo lo ricordo bene, era il 6 giugno 2011. Quel giorno scattò la 'sospensione del servizio'». Ma lei è rimasta lì, unica presenza umana nella stazione. A vendere i biglietti delle corse sostitutive in pullman. Oggi avrebbe dovuto abbandonare la stazione, un po’ fortezza del deserto dei Tartari, dove i treni, come i nemici, non arrivano mai. «Il 4 dicembre 2015 è arrivato l’ordine di trasferimento temporaneo a Catanzaro per esigenze di servizio, fino alla riapertura della linea.

Così era scritto. Ma davvero la vogliono riaprire? », ci racconta. Trasferimento ora 'congelato', almeno fino al termine del corso che dovrebbe abilitare lei e altri colleghi alla qualifica di dirigente al movimento. «Meglio così – commenta Caterina –. Non so come avrei fatto con 1.000 euro al mese a permettermi una casa a Catanzaro. Ne ho una qui nel mio paese, dove oltretutto lavora mio marito». La incontriamo nell’unica stanzetta rimasta indenne da danneggiamenti e vandalismi. Il primo piano dove c’era l’abitazione del capostazione è sbarrato. La sala d’attesa e le altre stanze al piano terra hanno muri sfondati e 'istoriati' di graffiti di ogni tipo. Tutto sa di abbandono, come le piante cresciute tra i binari o sulle banchine. Perfino l’albergo a fianco, un tempo un gioiellino, è desolatamente in rovina. Si dice che sia luogo di 'riti satanici' e in effetti all’interno troviamo simboli sospetti, foto di persone morte, macchie di sangue. Nella stanzetta di Caterina i ricordi di un passato glorioso, le foto del convoglio bianco e rosso a gasolio (la linea non è elettrificata), un telefono a manovella, le vecchie tariffe. «C’erano 23 corse dall’alba alle 20,10, mentre quelle dei pullman sono solo 12, dalle 6,46 alle 15,30».

E la differenza si legge anche negli incassi. «Prima, col treno, facevo un fatturato di 3mila euro al mese, ora coi pullman solo 1.000». Una linea ferroviaria molto utilizzata da studenti e pendolari, anche per il bassissimo costo. Da Cittanova a Gioia Tauro il biglietto costava appena 1 euro e 34 centesimi, ora su gomma è quasi raddoppiato, arrivando a 2,40. Un’ulteriore immagine delle occasioni perse in Calabria. Una linea che attraversa paesaggi straordinari, che potrebbe portare i turisti in pochi minuti dalle spiagge ai boschi dell’Aspromonte. Ma anche metropolitana di superficie per i cittadini dell’area, risparmiando spostamenti in auto più costosi e inquinanti. Ma servono progetti concreti. Per ora Caterina continua a presidiare da sola la stazione dove i treni non fermano più.
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