sabato 3 giugno 2017
Giuseppe Giorgi

Giuseppe Giorgi

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«Una volta si parlava il modello casertano, ora si può parlare anche di modello Reggio Calabria». È giustamente soddisfatto e orgoglioso il procuratore di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho. E sa bene di cosa parla. Fu lui alla guida della Dda di Napoli che portò alla cattura dei tutti i boss latitanti del potentissimo clan del 'casalesi''. L’inizio di una evidente crisi del gruppo camorrista. La fine dell’impunità. Ed ora in Calabria la 'ricetta 'si sta ripetendo. Ce lo aveva promesso fin dai primi giorni, «Non è possibile che ci siano latitanti da ventanni. È la prima cosa di cui ci dobbiamo occupare. È un forte segnale».

E così è stato con un crescendo di successi, Il 29 gennaio 2016 la polizia cattura Giuseppe Crea e Giuseppe Ferraro, latitanti da 10 e 18 anni, Il 26 giugno sono i carabinieri a mettere le man ette a Ernesto Fazzalari, ricercato da 20anni, Di nuovo la Polizia individua Marcello Pesce, catturato l’I dicembre, ricercato da 3 anni. Mentre gli uomini dell’Arma catturano il 22 marzo Santo Vottarì, latitante da più di 10 anni, Ieri è toccato al superlatitante Giuseppe Giorgi, il secondo dell’elenco dei ricercati più pericolosi dopo Matteo Messina Denaro. Tutti catturati a casa loro, nel loro paese, a conferma della certezza di impunità. Proprio come era accaduto peri 'casalesi'. All’elenco ora manca solo Rocco Morabito, 'alla macchia' da 23 anni, Ma per il boss di Africo i giorni di libertà potrebbero essere contati, così come alcuni mesi fa gli investigatori ci avevano detto per Giorgi, Intanto nel suo paese, la sua villa, ora confiscata, ospiterà i ragazzi del Servizio civile. E anche questo è un segno della fine dell’impunità. Perché il modello Reggio, così come è stato il modello casertano, non è solo repressione.

Nelle scorse settimane abbiamo raccontato la vicenda del commissario straordinario di San Luca, il paese di Giuseppe Giorgi, che lo ha rimesso a nuovo con efficienza e trasparenza, dall’acqua ai rifiuti, dalle strade allo stadio. E sempre a San Luca, tre giorni fa, don Luigi Ciotti ha incontrato i ragazzi della scuola che avevano realizzato un progetto sulle vittime della ’ndrangheta, e poi i bambini che partecipavano uno stage su etica sportiva e legalità organizzato dall’Associazione italiana calciatori. Segni forti di cambiamento.

Come la decisione del vescovo di Locri-Gerace, monsignor Francesco Oliva, di indire la 'Giornata diocesana di preghiera per la conversione dei mafiosi', da celebrare nei san tuari della Locride. Tra questi quello famosissimo della Madonna di Polsi, sempre a San Luca, luogo di spiritualità ma anche, purtroppo, di vertici mafiosi, È anche questo il modello Reggio, nato tanti anni fa con coraggiosi sacerdoti come don Italo Calabrò e don Pino Demasi, coi ragazzi della cooperativa ValledelMarro, con imprenditori puliti come Nino De Masi e Gaetano Saffioti, e oggi cresciuto grazie alla fiducia in istituzioni sempre più efficaci, Sta proprio cambiando il clima.

«È quello che capitò nel casertano anni fa - torna a commentare il procuratore- Con determinate persone del territorio ci si abbraccia e si condivide. E quando li abbracci senti il cambiamento, persone che ci credono». E, aggiunge, «anche i mafiosi si stan no accorgendo che il clima è cambiato ». Ora a vincere, ci dice il tenente colonnello Pasqualino Toscani, comandante del Gruppo carabinieri di Locri, appena tornato dal covo di Giorgi, «sono le persone che pensano che siano altri i valori che devono avere l’ultima parola».

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