mercoledì 20 novembre 2013
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C’è una specificità in quanto accaduto in Sardegna, rispetto ad altri eventi analoghi?
 Il caso della Sardegna è particolare per la sua ambiguità: da una parte è una terra che soffre di siccità, dall’altra più un terreno è arido e meno assorbe l’acqua. Il fatto in sé è eccezio­nale, perché in poche ore è caduta una quantità di pioggia pari a quella che di solito cade in molti mesi, però questi fenomeni oggi sono lar­gamente prevedibili perché ormai le nostre pre­cipitazioni sono così. Dobbiamo smetterla di fare confronti con le piogge che caratterizzava­no il territorio nei secoli scorsi: da 50 anni tutto è cambiato, non si tratta più del grande fiume che pian piano esonda, ma di piccoli corsi d’ac­qua che esplodono e fanno danni con rapidità. Occorre insomma un cambiamento culturale, bisogna educare la gente, imparare come scap­pare e dove. È sempre tutta responsabilità dell'uomo, anche di fronte a fenomeni di tale portata?Quando l’uomo e l’acqua si trovano nello stesso luogo, la colpa è sempre dell’uomo, che non doveva costruire lì. Detto questo, però, nel caso della Sardegna c’è da fare una distinzio­ne tra la parte rurale e quella urbanizzata: sono andate sott’acqua anche le campagne e le strade che le percorrono sono diventate fiumi di fango, perché la copertura boschiva non è bastata a fer­mare le valanghe d’acqua, e qui la responsabilità umana è meno diretta. Altro discorso riguarda Olbia o Arzachena, dove a causa del turismo si è costruito ovunque e nel posto sbagliato. Finché si continuerà così, dovremo aspettarci tragedie come questa.
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