giovedì 30 settembre 2010
Nel discorso di 54 minuti, il capo del governo sceglie toni morbidi e si appella ai moderati e anche alle opposizioni «più responsabili». Berlusconi non cita mai Fini, ma fa caute aperture anche ai deputati di Futuro e libertà che poi votano (31 su 35) la fiducia. Le opposizioni: così non dura. Bossi: via stretta. Berlusconi: al primo sgambetto...
- Napolitano: «Bene che la legislatura continui»
- Bossi: non si regge. La Lega preme per il voto
- Fini: «Ora avanti col nuovo partito»
- Casini e Bersani: basta favole. Di Pietro: stupra la democrazia
EDITORIALE: Tutti hanno bisogno di tempo il Paese di scelte di Sergio Soave
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La fiducia c’è, ma non esalta Silvio Berlusconi. Sulla tribuna del governo c’è lui, inchiodato alla sedia nel giorno del suo 74° compleanno. Ma sembra la controfigura di se stesso. Modera i toni, veste i panni del moderato (e più tardi Tabacci gli rinfaccerà «ma lei moderato non è») ai quali lancia un appello per andare avanti, arriva perfino a rivolgersi alle «forze più responsabili dell’opposizione», snocciola senza enfasi i 5 punti annunciati (escludendo però i nodi più spinosi delle intercettazioni e del processo breve). Alla fine porta a casa solo 342 sì, che poi sarebbero 307 sottraendo i 35 voti, a questo punto determinanti, sommati fra loro di Futuro e libertà e dell’Mpa di Lombardo (ai 40 potenziali sono mancati, oltre al presidente Fini che per tradizione non vota, i finiani Granata e Tremaglia che hanno votato contro e l’altro Fli Menia e Misiti, dell’Mpa, che invece non hanno preso parte alla votazione). Tre gli astenuti: il "discusso" Calearo, e poi Brugger e Zeller della Svp.Berlusconi sa bene che d’ora in poi tutto si fa più difficile: «Al primo sgambetto si va subito al voto», confida a fine giornata ai fedelissimi. D’altronde i voti sono risultati anche meno dei 312-314 attesi alla vigilia e dei 309 calcolati considerando le assenze di ieri (nella maggioranza non hanno votato Pittelli, del Pdl, e Gaglione di Noi Sud, mentre alla fine hanno votato no i 3 Lib-dem). L’autosufficienza a quota 316 (cioè la metà più uno dei deputati) si è rivelata un miraggio. E il Cavaliere tira bruscamente le somme in un breve conciliabolo con il dipietrista Donadi: «Comunque, l’unica cosa certa è che sto passando un compleanno di m...», ha detto citando Cambronne a Waterloo. Berlusconi si presenta alla Camera puntuale alle 11, parla per 54 minuti in un’aula gremitissima (anche nelle tribune del pubblico) e incassa 50 applausi dai banchi di Pdl e Lega, mentre i finiani si uniscono solo nei passaggi sulle missioni militari e sull’impegno anti-mafia. Ma è un premier che vola basso. Non convinto, forse, dello stesso discorso che sta leggendo. Discorso che peraltro, sussurra un frequentatore di palazzo Grazioli, è stato riscritto da Gianni Letta e solo nelle ultime ore ha preso il posto della versione iniziale, più dura. «Avete visto che ce l’ho fatta a trattenermi?», dirà poi ai suoi uscendo dall’aula.Solo in un paio di occasioni il capo del governo sfodera gli artigli: quando afferma di vedere «ancora troppo odio in giro, un odio che può armare la mano dell’eversione», invitando a «ritessere la coesione nazionale», e poi quando, nella replica, respinge con sdegno l’accusa di aver "comprato" dei parlamentari: «Sono accuse paradossali e inaccettabili. Non è possibile che quando uno del Pdl passa dall’altra parte è eticamente valido», all’inverso «diventa calciomercato»; e i 5 scissionisti siciliani dell’Udc, guidati da Mannino e Romano, «non avranno nessun premio», conclude.Quasi tutto il discorso è "scivolato" poi decisamente morbido. Nessun affondo nei confronti del cofondatore (del Pdl) Fini, anche se fra i due la comunicazione è stata gelida. Nessun saluto, né un’occhiata. Solo durante il veemente intervento di Di Pietro, uno spazientito Berlusconi si è platealmente girato per ben due volte verso Fini, invitandolo a interrompere l’ex pm (Fini, però, proprio poco prima aveva richiamato «a un linguaggio più consono» il leader dell’Idv). Già l’avvio del discorso delinea un Berlusconi istituzionale, nello "spirito di Onna": «La democrazia vive con il Parlamento» e tra questo e il governo non vi può essere «contrapposizione».Il punto di partenza del premier è che il governo «non ha alternative», il risultato delle elezioni «non può essere alterato con logiche estranee». Per questo «ciascuno deve fare la sua parte, con senso di responsabilità». Berlusconi è stato attento a non polemizzare troppo coi finiani, ma non ha nemmeno dato loro un vero riconoscimento formale di "terza gamba", a parte l’accenno finale alle «3 mozioni» (poi divenute 4: a quelle di Pdl, Lega e Fli si è aggiunta quella di Noi Sud) su cui si è chiesta la fiducia, identiche nei contenuti eppure distinte a rimarcare comunque una differenza. Nel rivendicare i «risultati positivi» ottenuti, come la tenuta dei conti pubblici e gli sbarchi di clandestini «ridotti dell’88%», il Cavaliere ha detto di aver provato «amarezza» per le «critiche aprioristiche» venute, ma ha fatto un’altra cauta apertura riconoscendo che sui punti non previsti dal programma «è necessario discutere». È anche arrivato a sostenere che «la mia stessa indole è sempre stata aperta alla ricerca di soluzioni migliori attraverso il confronto e l’apporto di contributi diversi», un passaggio che verrà richiamato da Bocchino con l’annotazione che «ci ha fatto un po’ sorridere». Berlusconi ha spiegato che la sua amarezza nasce dal fatto di avere, sin dal ’94, sempre voluto «unire i moderati in una grande forza politica»; e perciò quello che implicitamente rimprovera a Fini è aver messo in crisi questo progetto, perché chi «è stato eletto con il Pdl si è impegnato a perseguire l’unità, e non le divisioni» e «la dialettica interna ha spesso superato i limiti fisiologici». Tuttavia, ha avvertito, «i passi indietro non hanno intaccato la validità» del progetto.Poi l’esposizione dei 5 punti, con una blanda accelerazione sulla giustizia per opporsi al suo «uso politico» (con la separazione delle carriere nel Csm), la promessa rinnovata di un graduale calo delle tasse, un rilancio della riforma per dare più poteri al governo, un grande impegno per il Sud, la marcia avanti sul federalismo con la precisazione però che «non prevede una divaricazione tra Nord e Sud, anzi sarà una cerniera per il Paese». Infine alcuni temi di interesse per i centristi, dal quoziente familiare all’impegno sulla bioetica.
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