mercoledì 27 novembre 2013
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​Buonomo è il presidente di Legambiente Campania. Da una vita si occupa di diffondere la cultura del rispetto dell’ambiente e del territorio. Spesso, però, non è facile. Soprattutto in quei territori del Napoletano e del Casertano che sono stati per anni devastati da scempio e degrado. Siete stati tra i primi a lanciare l’allarme sulla Terra dei fuochi...Era il 2003 quando nel nostro annuale rapporto sulle ecomafie dedicammo un paragrafo a quel territorio, colpito a ogni ora del giorno e della notte, da incendi di rifiuti, coniando il termine Terra dei Fuochi; ma ricordo anche che era il maggio del 1994 quando a Roma presentammo il primo dossier Rifiuti spa con nomi, luoghi e storie.Di chi la responsabilità?Le responsabilità sono enormi e intrecciano i rapporti tra imprenditoria del Nord, camorra e politica, a partire dalla fine degli anni Ottanta. La gravità della situazione e l’urgenza di dare risposte efficaci, troppo a lungo rimandate, richiede uno sforzo congiunto di tutti. Chiediamo che sia archiviata finalmente la triste stagione della Terra dei fuochi e che il territorio possa tornare a vivere e credere nel futuro.Cosa fare per bonificare questi territori che sono diventati bombe ecologiche e attentati per la salute pubblica?È necessario rendere pubblica e aggiornare l’attività di mappatura e censimento dei siti contaminati; avviare una sistematica e puntuale attività di campionamento e analisi dei prodotti ortofrutticoli e alimentari; reperire risorse e predisporre strumenti certi ed efficaci per la messa in sicurezza e la bonifica delle aree inquinate; individuare un piano sanitario pubblico specifico per le zone colpite dagli sversamenti e dichiarate ad alto rischio di tumori, anche al fine di informare la popolazione su precauzioni da osservare; sostenere una rete di aziende e soggetti pubblici che promuovano e difendano la Campania pulita; predisporre un piano di riconversione delle aree contaminate.Come prevenire il fenomeno delle ecomafie?È importante continuare a lavorare nelle scuole, tra la gente e con la gente in campagne di informazione e sensibilizzazione sul fenomeno. La conoscenza è la prima forma di autodifesa, la conoscenza aiuta a scuotere le coscienze e a indicare le responsabilità e i pericoli.
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