martedì 29 novembre 2016
Per un errore procedurale il principale indagato rischiava di tornare libero. Il ministro Orlando invia ispettori a Milano
Delitto Caccia: fermata scarcerazione del presunto killer del procuratore di Torino
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Rocco Schirripa, accusato di essere il killer del procuratore Bruno Caccia, freddato sotto casa sua a Torino nel giugno del 1983, resta in carcere, nonostante la Corte d'Assise di Milano abbia disposto la scarcerazione per un vizio procedurale irreparabile. Neanche il tempo di lasciare la sua cella nel carcere di Opera, dov'è detenuto da un anno, che il panettiere 64enne di Torino, con precedenti per droga e ritenuto vicino al clan di 'ndrangheta Belfiore, è stato costretto a farvi ritorno.Il procuratore aggiunto Ilda Boccassini e il pm Marcello Tatangelo, infatti, hanno firmato un provvedimento di fermo d'urgenza a carico di Schirripa.



Il tentativo del pm è quello di "salvare" le prove raccolte prima del 25 novembre, giorno in cui il pm Marcello Tatangelo ha formalmente iscritto Schirripa nel registro degli indagati commettendo una "leggerezza".Schirripa era già stato indagato per lo stesso episodio in un fascicolo d'indagine aperto nel 1996 e archiviato nel 2001. Alla luce di questo procedimento antecedente, il magistrato avrebbe dovuto chiedere l'autorizzazione al gip prima di ricominciare a indagare. Accortosi della "svista", sabato scorso il pm Tatangelo è stato costretto a chiedere alla Corte d'Assise di revocare l'ordinanza di custodia cautelare in carcere per Schirripa, rimettendolo in libertà. E domani il collegio presieduto da Ilio Pacini Mannucci annullerà il processo, già in fase istruttoria, a carico del panettiere.Nel frattempo, però, la Procura aveva già studiato le contromosse. Da una parte ha chiesto al gip di riaprire a tempo di record l'inchiesta archiviata 15 anni fa a carico di Schirripa, cioè l'autorizzazione che mancava. Dall'altra Boccassini e Tatangelo hanno disposto con urgenza il fermo di Schirripa depositando una nuova misura cautelare nei suoi confronti. La speranza è che gip Stefania Pepe decida di convalidarlo.Resterebbero in piedi, però, le prove raccolte da luglio al 25 novembre 2015, giorno in cui il nome di Schirripa è comparso per la prima volta nel registro degli indagati. Cinque mesi di lavoro da parte della Squadra Mobile di Torino, con tanto di intercettazioni, che ora potrebbero diventare decisivi per arrivare a una condanna.Nel frattempo è sceso in campo anche il governo. L'ispettorato del ministero della Giustizia, su richiesta del ministro Andrea Orlando, ha avviato accertamenti preliminari in merito all'iter procedurale e alle misure adottate nei confronti di Schirripa.

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