sabato 26 giugno 2010
Il Quirinale in una nota fa presente che non si possono accampare motivi organizzativi per il rinvio del processo, dato che il nuovo dicastero è «senza portafoglio». E in nottata il neo ministro fa retromarcia: «Andrò in tribunale a luglio».
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Durissimo atto d’accusa del Quirinale contro la decisione del neoministro Aldo Brancher di ricorrere al legittimo impedimento nel processo che lo vede imputato, insieme alla moglie, per riciclaggio nel caso Antonveneta-Bpi. A irritare il capo dello Stato, in particolare, le dichiarazioni del ministro, pubblicate sui quotidiani di ieri, che aveva motivato il ricorso allo "scudo" giuridico accampando motivi di organizzazione del suo nuovo dicastero. La breve nota che Napolitano ha dettato al suo ufficio stampa non poteva essere più tagliente: «In rapporto a quanto si è letto su qualche quotidiano a proposito del ricorso dell’on Aldo Brancher alla facoltà prevista per i ministri dalla legge sul legittimo impedimento, si rileva che non c’è nessun nuovo ministero da organizzare in quanto l’on. Brancher è stato nominato semplicemente ministro senza portafoglio». Tradotta in altri termini, quelle di Brancher sono sono scuse. Si tratta di una sconfessione bella e buona. E, parecchie ore dopo, Brancher accusa il colpo e fa marcia indietro: «C’è stata una montatura assurda –spiega – ma non intendo sfuggire alla giustizia». E annuncia: «Chiederò l’anticipo dell’udienza a luglio». Per capire la inaudita durezza del comunicato del Quirinale bisogna tornare indietro a qualche giorno fa, quando il premier Berlusconi ha annunciato al capo dello Stato l’intenzione di promuovere il sottosegretario del Pdl a ministro per l’Attuazione del federalismo. In quella sede il Cavaliere ha spiegato che la nomina di un suo fedelissimo rispondeva all’esigenza di non lasciare alla sola Lega la responsabilità politica della riforma federale dello Stato. E che Brancher, anche per i suoi ottimi rapporti con Umberto Bossi, era l’uomo giusto per stemperare certe posizioni radicali leghiste e per inserire il federalismo in una chiara cornice di unità nazionale. Un discorso che ha trovato attento il capo dello Stato. Tanto che alla cerimonia di giuramento del nuovo ministro al Quirinale, il 18 giugno scorso, Napolitano, apponendo la sua firma sul decreto di nomina, ha fatto gli auguri e i complimenti al neo-promosso. Quello che è successo subito dopo, però, non è andato secondo il programma annunciato. Bossi ha preso la nomina come un’invasione di campo e se ne è lamentato sia pubblicamente che, in privato, con Napolitano. Le deleghe di Brancher sono allora diventate elastiche e si sono sempre più sbiadite: lo stesso ministro ha dovuto affermare che non si sarebbe occupato di federalismo. Intanto, perplessità sulla necessità di aumentare il numero dei ministri in tempi di austerità sono state sollevate anche da parti significative della maggioranza. Infine, le opposizioni hanno lanciato il terribile sospetto: la promozione di Brancher serve solo a proteggerlo dal processo. E certo la mossa dei legali di Brancher che hanno subito chiesto di avvalersi del salvacondotto giudiziario previsto per ministri non è suonata come una smentita alle accuse di Pd, Idv e Udc.
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