martedì 30 marzo 2010
Dal ministro per le Riforme un messaggio tranquillizzante per il governo: telefonerò a Berlusconi e gli farò i complimenti perché il Pdl è l’unico partito ad avere resistito alla nostra ondata. Bersani cela la delusione: 2,5 più delle europee. Berlusconi:«Un trionfo! Ora tre anni di riforme».
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«I Berlusconi passano, la Lega resta». Un militante «padano», al colmo dell’entusiasmo, saluta così la quantità di consensi che piove, ora dopo ora, sul partito di Bossi. Trionfo nel Veneto, con sorpasso netto ai danni del Popolo della libertà (e fin qui si sapeva); testa a testa col centrosinistra in Piemonte fino a notte inoltrata (e questo era assai meno prevedibile); gara aperta col Pdl in Lombardia, dove il Carroccio ha virtualmente «raggiunto» il primo partito italiano e ha staccato il Pd. E la marea «verde» cresce anche nel Centro Italia, dall’Emilia Romagna, con un successo a due cifre, alla Liguria, dalla Toscana fino all’Umbria. «È nostro destino essere fortunati» sorride Umberto Bossi, che ripete questa frase tre volte, accolto da applausi e pacche sulle spalle nella sede storica di via Bellerio. In realtà, qui il trionfo se l’aspettavano tutti. Lo si capisce dalla determinazione feroce con cui si guarda già alle prossime tappe del federalismo fiscale, che per la Lega è la madre di tutte le riforme. «La gente si è svegliata e ora chiede che si facciano il più rapidamente possibile i decreti attuativi. Basta storie - incalza - ora i nostri governatori metteranno le ali a questo progetto, nelle loro rispettive regioni». Sì, perché Bossi si dice sin da subito convinto anche del successo di Cota. «La vittoria c’è» ripete, nonostante la conta dei voti prosegua fino a notte fonda. E in questo caso la Lega controllerebbe più del 60% del Pil nazionale.Nel frattempo, ha preso forma chiaramente quell’asse del Nord che già le ultime tornate politiche e amministrative avevano delineato. Bossi non azzarda paragoni col passato, neppure con l’epoca «d’oro» degli inizi, quando la Lega faceva man bassa di consensi nelle valli padane e nelle prime città. «Questa è una bella vittoria - dice - Un fatto epocale? No, le affermazioni storiche ci sono quando non sei nessuno e aggiungi poco alla volta nuovi consensi». Il «partito di lotta» degli anni Novanta ha lasciato il posto al «partito di governo», che non rinuncia alla lotta ma nello stesso tempo sa bene che i voti si pesano. Dalla secessione predicata nel secolo scorso, alla rassicurazione che «non vogliamo rompere lo Stato, anzi».Bossi ha vinto, ma non vuole stravincere. «Telefonerò a Berlusconi e gli farò i complimenti per la tenuta del Pdl, dietro a una Lega scatenata». Tradotto: nessuno tenti di speculare sulla «competition» padana, sulla concorrenza ormai evidente nel centrodestra tra il popolo di Silvio e il popolo di Umberto. È possibile che il successo in Lombardia venga usato magari in un futuro prossimo in chiave anti-Formigoni? «I lombardi capiscono le cose prima degli altri - si limita a rispondere il Senatur - Sono stati i primi a capire che senza riforme il Paese sarebbe andato a picco e adesso ci premiano». E il rebus che si apre per il ministero dell’Agricoltura, dopo l’elezione a governatore di Zaia? «Zaia amministrerà una regione in cui gli agricoltori contano tantissimo, poi vedremo» risponde. Semmai, se gli osservatori vogliono capire cosa renda il Nord terra inespugnabile per la sinistra, è fuori dai cancelli delle fabbriche che devono guardare. «La sinistra da queste parti non esiste più: hanno perso pure i voti degli operai e dei lavoratori», dice Bossi confermando la mutazione genetica del suo partito: non più solo partite Iva, ma anche disoccupati e giovani precari che, colpiti dalla crisi, hanno preferito l’usato sicuro del Carroccio.Resta la mozione degli affetti che il Senatur a sorpresa regala nelle ultime battute. A chi gli chiede se ha una dedica per questa vittoria, lui risponde parlando dell’ultimo figlio, Sirio, che nonostante la giovanissima età già mastica di politica e l’ha incitato negli ultimi giorni della campagna elettorale.
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