giovedì 30 settembre 2010
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L’ultimo strappo è quello dell’alleato più fedele. È passata una manciata di minuti dalla fiducia incassata dal governo, con finiani e Mpa ora decisivi, che tocca a Umberto Bossi togliere il velo a ipocrisie e imbarazzi che circolano nella maggioranza. «I numeri sono limitati. La strada è stretta» dice il leader della Lega. Che poi serve sul piatto al Cavaliere l’obiettivo prossimo venturo del Carroccio. «La strada maestra è il voto» afferma il Senatur. Il suo partito lo sostiene da mesi, da quando ha capito che il Pdl rischiava di finire ostaggio della guerra tra i due fondatori.Ora Bossi non fa nulla per nascondere la sua ira e quella dei suoi parlamentari, trapelata nei capannelli di Montecitorio fin dal primo mattino. «Berlusconi il voto non lo ha voluto e ora siamo a questo punto» dice senza mezzi termini. L’aveva anticipato subito dopo il discorso del Cavaliere, che aveva concesso molto a quel partito della spesa e del Mezzogiorno tanto inviso alla Lega. Questo governo «non reggerà a lungo» aveva chiarito Bossi. Ora già si intravede la spada di Damocle, quella mozione di sfiducia ad personam che l’opposizione è pronta a lanciargli contro per indebolire ulteriormente l’esecutivo. Se passa la richiesta di farsi da parte, dopo le frasi choc pronunciate domenica contro Roma, potrebbe succedere di tutto. Quel che è certo per Bossi è che «il governo non cade, io vado a casa e il Nord s’infuria».Ecco la minaccia evocata, quella di un pezzo d’Italia che a quel punto non si sentirebbe più rappresentato dal centrodestra. Senza federalismo, ultimo totem di via Bellerio, la ragion d’essere della Lega nel governo Berlusconi cessa d’esistere. Così si spiega l’attacco (per certi versi inedito) portato al Cavaliere. Ora tutti si chiedono: quanto durerà quello che qualcuno ha già ribattezzato il "Berlusconi bis"? La maggioranza reggerà l’impatto con la nascente "terza gamba" dell’esecutivo, formalizzata peraltro dalla mozione comune targata Fli-Mpa? E che conseguenze avrà, negli equilibri del centrodestra, l’arrivo di una pattuglia di deputati pronti a far valere le ragioni del Mezzogiorno? È vero che per il momento «nessuno – spiegava Bossi, che ha seguito il discorso del premier a fianco di Giulio Tremonti – ha intenzione di far cadere il governo» per paura del voto anticipato, ma neppure si può pensare di procedere a vista. Anche un berlusconiano di provata fede come Maurizio Gasparri dal Senato ammetteva con i suoi interlocutori che per il Cavaliere si prospetta a questo punto «una navigazione faticosissima».Poi non va dimenticato che la tabella di marcia per il voto è di stretta competenza di Roberto Maroni, ministro dell’Interno e fedelissimo di Bossi, che in un fuori onda catturato dalle telecamere del Tg La7 ieri si è lasciato scappare una previsione. «Secondo me si vota a marzo». Un caso? No, tanto più che i sondaggi da tempo indicano il Carroccio in forte crescita, perché in grado di capitalizzare i consensi in uscita proprio dal Pdl. Elezioni a parte, la sensazione è che nel partito degli scettici, di coloro cioé che da ieri pensano che la fine della legislatura sia più vicina, siano destinati a entrarci in tanti nelle prossime ore. Il vero incubo, per Bossi e i suoi, resta quello che veniva evocato, a mezza bocca, sulla Padania, il giornale di partito. Delinea uno scenario in cui il «governo è sottoposto a ricatti e a contrattazioni continue», a maggior ragione adesso che la separazione tra Pdl e Futuro e libertà è diventata un fatto certo e acquisito. Ma se ora dovesse aprirsi una crisi con l’alleato più fedele, anche per Berlusconi il ritorno al voto sarebbe a quel punto una strada obbligata.
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