Lungo la Riviera delle Palme i boss calabresi si sentono come a casa. Fin troppo. Tanto da aver costretto il governo a ordinare lo scioglimento del Consiglio comunale di Bordighera (Imperia) a causa di insopportabili infiltrazioni mafiose.«Attendo di leggere le motivazioni, dopodiché mi esprimerò». Il sindaco Giovanni Bosio (Pdl), al momento non dice altro. Sa di essere il secondo borgomastro del Nord (dopo Bardonecchia, sciolta nel 1995) a dover consegnare le chiavi del Municipio a un commissario nominato dal governo a causa del condizionamento mafioso. L’anno scorso l’ex assessore al bilancio, il leghista Giulio Viale si dimise quando le voci su indagini riguardanti criminalità e politica si fecero più insistenti. «È vergognoso – ha commentato ieri – per una città come questa».La decisione del consiglio dei ministri segue una serie di inchieste, attentati a danno di esponenti politici locali e rapporti investigativi che dipingono la città del fumetto come un luogo in cui avvengono, per dirla con una relazione dei carabinieri depositata nel luglio 2010, «stranezze amministrative». Nell’ombra, proprio come nei fumetti
noir, si muovono esponenti della cosca Pellegrino, punta avanzata del clan calabrese Santaiti-Gioffrè, interessato all’apertura di alcune sale di
slot machine.I carabinieri adombrano patti tra boss e politici a cui sarebbero stati garantiti cospicui pacchetti di voti. Nel dossier dell’Arma si fa riferimento anche ad alcune intercettazioni telefoniche e ambientali che confermano rapporti tra imprenditori e malavitosi e tra imprenditori e politici ancora sotto indagine. La mancata apertura delle sale da gioco avrebbe innescato una serie di azioni eclatanti, come l’attentato incendiario che il 17 dicembre 2009 incenerì l’attività commerciale di Franco Colacito, allora assessore nella giunta di centrodestra. Un’azione plateale: un’auto viene data alle fiamme e poi, come a simulare una sfortunata coincidenza, il mezzo prende a muoversi centrando, con millimetrica precisione, il chiosco di fiori di Colacito. Prima e dopo il chiosco sono bruciati ristoranti, negozi, e non sono mancate pistolettate contro le vetrine e intimidazioni in stile Locride. Nella relazione dei carabinieri si accenna anche ad un «politico del ponente ligure» che avrebbe ricevuto un finanziamento indiretto di circa duecentomila euro.«Sono amareggiata e delusa per la mia città, ma è una cosa che doveva essere fatta». Donatella Albano (Pd), consigliera comunale di opposizione di Bordighera, dalla scorsa estate è sottoposta a tutela dalle forze dell’ordine dopo avere ricevuto minacce. «La provincia di Imperia può essere suddivisa in zone dove operano gruppi criminali collegati alle regioni di provenienza, in particolare Campania e Calabria». Appena due giorni fa il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso ha depositato il rapporto sulle mafie nella Penisola. Alla Liguria, e all’Imperiese, vengono dedicate pagine inedite. «Nel comprensorio di Diano Marina – si legge – operano prevalentemente famiglie di origine calabrese, tutte provenienti da Seminara (Reggio Calabria)». Il polo d’attrazione è soprattutto Sanremo, dove si può investire nel turismo e nel commercio floreale, arrotondando con i cambiavalute sempre in agguato intorno al Casinò. Sono presenti «soggetti collegati con la cosca dei "Gallico" ed operanti nell’ambito della coltivazione e commercio di fiori nonché nel settore edilizio essendo titolari di imprese artigiane edili», annota la Direzione antimafia (Dna).Nella città di Ventimiglia vivono pregiudicati calabresi «di notevole spessore criminale». Per importanza si fa notare «la nota famiglia Pellegrino, originaria di Seminara (Reggio Calabria)», collegata «con la cosca calabrese Santaiti-Gioffrè». All’inizio fu lo smercio della droga, ma «dopo un primo periodo in cui operavano nel campo del traffico di stupefacenti, armi ed esplosivi i loro interessi si sono concentrati sull’edilizia (movimento terra ed escavazioni)».In brevissimo tempo hanno costituito diverse società edili, «partecipando a pubblici appalti». Merito anche della posizione di confine con la Francia, «dove – spiegano dalla Dna – nella fascia compresa tra la Costa Azzurra e il ponente ligure è stata più volte segnalata la presenza di latitanti».