sabato 18 febbraio 2023
Dall'entrata in vigore del decreto non sarà più possibile aver diritto allo sconto in fattura né a cedere il credito di imposta legato ad alcuni tipi di lavori edili
Il superbonus affossato: cosa cambia e cosa è ancora possibile?

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Il Consiglio dei ministri ha varato un decreto che, dalla sua entrata in vigore, blocca lo sconto in fattura e la cessione dei crediti e vieta alle pubbliche amministrazioni di diventare cessionarie di crediti d’imposta. In questo modo non potranno più essere utilizzate le due opzioni alternative alla detrazione. Fanno eccezione gli interventi per cui sia già stata presentata la Cila prima dell'entrata in vigore del decreto. L’obiettivo sarebbe quello di evitare la formazione di nuovo debito pubblico.

Cosa cambia con il nuovo decreto che cancella il Superbonus al 110%?
Dalla sua entrata in vigore, venerdì 17 febbraio 2023, non è più possibile aver diritto allo sconto in fattura né a cedere il credito di imposta legato ai lavori per: bonus ristrutturazioni del 50%, ecobonus del 50-65%, bonus facciate, detrazione per impianti fotovoltaici e per l'abbattimento di barriere architettoniche e opere di riqualificazione energetica, per le parti comuni degli edifici condominiali dai 200mila euro in su; interventi di riduzione del rischio sismico sulle parti comuni dei condomini o nei comuni a rischio sismico 1, 2 e 3, che riguardano la demolizione e la ricostruzione integrale. Si vieta inoltre alle pubbliche amministrazioni, Regioni e Comuni di acquistare crediti relativi a queste tipologie di lavori edilizi.

Cosa resta possibile fare dopo il decreto varato?
Naturalmente resta sempre possibile portare in detrazione (per i 5 o i 10 anni previsti) le spese sostenute per tutti gli interventi perché il nuovo decreto non tocca il bonus fiscale in sé, bensì la cessione del relativo credito. La facoltà di cederli resta salva su tutti gli interventi per cui sia già stata presentata la Cila, ovvero la comunicazione di inizio lavori. Mentre per i condomini, oltre alla Cila, serve anche la delibera assembleare che abbia approvato l’esecuzione dei lavori prima dell’entrata in vigore del testo. In tutti gli altri casi, non ci sarà più questa possibilità, ma solo quella di portare ogni anno in dichiarazione dei redditi il relativo sgravio.

Cosa cambia per chi ha già fatto una cessione?
Poco, in realtà: per chi ha lavori già in corso, il relativo credito fiscale può continuare a essere ceduto altre volte, anche se c’è già stata una prima cessione a Sal (lo stato di avanzamento lavori), che è possibile quando si sia già effettuato almeno il 30% delle opere.

Perché il meccanismo delle cessioni si è inceppato?
La cessione del credito (senza dover quindi anticipare un euro) si basa su un presupposto: trattandosi in genere di rimborsi molto alti come importo (dato il tipo di lavori), per beneficiarne al 100% è necessario che il contribuente abbia redditi elevati. A esempio, se la rata annua di sgravio è di 10mila euro è necessario che il committente paghi tasse per più di 10mila euro, altrimenti non riceve l’intero beneficio fiscale. Per questo si è cercato finora di “passare” il credito a contribuenti via via di peso maggiore, che potessero usufruirne appieno. Con il tempo questo ha portato anche un altro fenomeno: l’acquisto di tali crediti “a sconto”, nel senso che chi lo compra per recuperare negli anni dallo Stato il 110, paga subito a chi lo vende un importo minore che ora, dicono le segnalazioni, è sceso anche sotto quota 95 (la differenza resta, pertanto, a carico di chi si vende il credito). Ora, senza più cessione del credito nei condomini il bonus diventa per pochi perché, per evitare l’incapienza fiscale (cioè che si finisca in pratica sotto zero nel saldo fra dare e avere), servono redditi imponibili molto alti. Per le villette unifamiliari si applica il quoziente familiare, ma con valori piuttosto bassi che poco cambiano.

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