mercoledì 12 febbraio 2020
I pm: strage organizzata da P2 e 007 deviati, le menti Gelli, Ortolani e D’Amato. Bellini si aggiunge agli esecutori materiali con Fioravanti e i terroristi “neri”
Un'immagine della strage alla stazione centrale di Bologna

Un'immagine della strage alla stazione centrale di Bologna - Ansa

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«Nonostante l’amarezza per i quarant’anni che sono passati, la ricerca della verità è sempre attuale». Le parole del sindaco di Bologna, Virginio Merola, esprimono la soddisfazione per la chiusura dell’inchiesta sui mandanti della strage della stazione di Bologna del 2 agosto 1980 e, insieme, il rammarico per il tempo perso. D’altra parte, le inchieste sull’atto terroristico più grave della storia italiana del secondo dopoguerra, che causò 85 morti e 200 feriti, continuano a riservare colpi di scena. A poco più di un mese dalla sentenza che ha inflitto in primo grado l’ergastolo all’ex Nar Gilberto Cavallini, che si è aggiunto alle condanne in via definitiva dei sodali Giusva Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, la chiusura dell’indagine dell’inchiesta sui mandanti punta i riflettori sulla P2 e l’intelligence 'deviata'.

L’ex estremista di destra Paolo Bellini si aggiunge agli esecutori: alla “Primula nera” di Avanguardia nazionale era stato revocato a maggio 2019 il proscioglimento, datato 28 aprile 1992, anche a causa del fotogramma di un filmato amatoriale, girato da un turista tedesco, in cui si notava una «spiccata somiglianza» fra Bellini e una persona immortalata la mattina del 2 agosto 1980 sul primo binario, poco dopo l’esplosione. Secondo i magistrati Alberto Candi, Umberto Palma e Nicola Proto, egli agì in concorso con i piduisti Licio Gelli e Umberto Ortolani, in qualità di «mandanti- finanziatori». La Procura generale di Bologna ha notificato l’avviso di fine indagine anche ad altri tre indagati: l’ex ufficiale del Sisde Quintino Spella, l’ex carabiniere Piergiorgio Segatel, accusati di depistaggio, e Domenico Catracchia, amministratore di condominio dell’immobile di via Gradoli 96, a Roma, dove si nascondevano le Brigate Rosse. I covi dei Nar erano nella stessa via: Catracchia è accusato di falsa testimonianza.

Oltre a Gelli e Ortolani i magistrati hanno poi indicato come «mandanteorganizzatore » Federico Umberto D’Amato, già direttore dell’Ufficio Affari riservati del ministero dell’Interno e come «organizzatore» Mario Tedeschi, «per aver coadiuvato D’Amato nella gestione mediatica dell’evento strage, nonché nell’attività di depistaggio delle indagini». Tutti e quattro, però, sono già morti. Di questo si rammarica Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage, secondo cui «si è perso tempo prezioso: potevamo arrivare alle conclusioni quando qualcuno di questi era ancora vivo». Non nasconde tuttavia la soddisfazione: «sono sviluppi molto positivi – dice – ci stiamo avvicinando alla verità completa». Da parlamentare, Bolognesi si era fatto promotore della legge che ha introdotto il reato di depistaggio, entrata in vigore nel 2016. Ma la vera notizia, secondo lui, «è la definitiva chiusura, con queste indagini, dell’ipotesi della pista palestinese », da sempre avversata fortemente dai familiari delle vittime rappresentati dall’Associazione, ma che negli anni ha trovato sostenitori illustri nel mondo della politica e della cultura, anche di estrema sinistra.

Prossimamente si attende l’apertura del processo contro i mandanti e l’Associazione presieduta da Bolognesi si costituirà parte civile. «Dopo quarant’anni c’è ancora la concreta speranza di individuare definitivamente i mandanti, anche perché in questo Paese nessun documento va distrutto: sappiamo che vengono usati per ricattare qualcun altro. Le coperture, per quanto riguarda la strage di Bologna, sono ancora attuali ed attuate» ha detto.

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