martedì 4 luglio 2017
Nella Relazione annuale a Montecitorio il presidente dell'Istituto quantifica in 38 miliardi il saldo negativo al 2040 se si chiudessero le frontiere. Altri 41 se non aumenta l'occupazione femminile
Boeri: per i conti Inps servono più immigrati e donne al lavoro
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Con meno immigrati e senza un aumento dell'occupazione femminile l'Inps soffrirebbe un consistente effetto negativo per le casse, pari a 79 miliardi, calcolati al 2040. Sono queste le previsioni che che si possono trarre partendo dai dati sui due fronti pensionistici che dettaglia il presidente dell'istituto di previdenza, Tito Boeri nella sua Relazione annuale tenuta oggi alla Camera, che contiene uno studio sul tema. Una relazione densissima in cui Boeri ha anche indicato la necessità di introdurre il salario minimo e definito «troppo basso» l'importo del reddito di inclusione, che pure rappresenta un passo in avanti.


Senza stranieri «a rischio il nostro sistema sociale»

Per quanto riguarda la chiusura delle frontiere ai lavoratori extracomunitari (con la quale «rischiamo di distruggere il nostro sistema di protezione sociale») avremmo 73 miliardi in meno di entrate contributive e 35 miliardi in meno di prestazioni sociali destinate agli immigrati «con un saldo netto negativo di 38 miliardi». Insomma, dice Boeri, «una manovrina in più da fare ogni anno per tenere i conti sotto controllo». Allo stesso modo se il tasso di occupazione fra le donne rimanesse ai livelli attuali, ossia al 48,5%, il gettito contributivo calerebbe da qui al 2040 cumulativamente di 67 miliardi. «Ipotizzando che queste donne che non lavorano non diventino beneficiarie di assistenza sociale (un'ipotesi molto restrittiva) si potrebbe avere qualche risparmio – fa notare Boeri - nel corso del tempo nell'erogazione di prestazioni contributive. Questi risparmi possono essere stimati in circa 25 miliardi. Ne discende che, nelle ipotesi più ottimistiche, il peggioramento cumulativo dei conti dell'Inps sarebbe comunque attorno ai 41 miliardi, circa due punti e mezzo di Pil». Insomma, le conclusioni che trae Boeri, sono che «un sistema di protezione sociale capace di offrire copertura assicurativa ai nuovi rischi associati a globalizzazione e progresso tecnologico è inevitabilmente costoso». E può essere «reso sostenibile solo ampliando la base contributiva, avendo più donne che lavorano e più immigrati. Servirà anche per finanziare l'inevitabile crescita della spesa per la non-autosufficienza».


«Una vera classe dirigente deve dire la verità agli italiani»

Sulla questione immigrazione Boeri fornisce anche un'analisi non solo economica, ma sociale, dicendosi consapevole del fatto che l'integrazione «è un processo che richiede del tempo e comporta dei costi». E bisogna tenere in conto le «differenze socio-culturali che devono essere affrontate e gestite», perché il fenomeno, se mal gestito «può portare a competizione con persone a basso reddito nell'accesso a servizi sociali, piuttosto che nel mercato del lavoro». Ma, pungola il presidente dell'Inps «una classe dirigente all'altezza deve avere il coraggio di dire la verità agli italiani: abbiamo bisogno di un numero crescente di immigrati per tenere in piedi il nostro sistema di protezione sociale».


Con il Jobs Act boom di imprese sopra i 15 addetti

Sempre sul fronte pensionistico per Boeri «bloccare l'adeguamento dell'età pensionabile agli andamenti demografici non è affatto una misura a favore dei giovani». Il numero uno dell'Inps Boeri ha tracciato il bilancio del'istituto, che propone di ribattezzare in "Istituto nazionale per la protezione sociale". Nel 2016 la macchina è costata 3.660 milioni contro i 4.531 del 2012. Un risparmio di circa un miliardo. Nonostante il quale, dice, «mi sono anche fatto tanti nemici». Sul fronte dei contratti di lavoro Boeri ha riferito di «un'impennata nel numero di imprese private che superano la soglia dei 15 addetti: dalle 8mila al mese di fine 2014, siamo passati alle 12mila dopo l'introduzione del contratto a tutele crescenti», vale a dire al Jobs Act. Sul salario minimo Boeri ha sottolineato che «paradossalmente» i suoi «maggiori detrattori sono i sindacati», perché «temono che tolga spazio alla contrattazione collettiva». Proprio in contemporanea con la relazione, i sindacati della Funzione pubblica di Cgil, Cisl e Uil hanno promosso un presidio in piazza del Pantheon. Un'occasione, spiegano le sigle di categoria per evidenziare sulla situazione di lavoratori dell'Inps, «numeri e fatti che non ci tornano: dal personale, che continua a ridursi drasticamente a fronte di un aumento dei carichi di lavoro, alla gestione patrimoniale; dalla riorganizzazione dell'Inps, di cui non abbiamo più notizie, allo stato della contrattazione, tuttora bloccata».




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