martedì 14 marzo 2023
Dalla Commissione Politiche europee del Senato no alla la proposta di regolamento Ue per il riconoscimento dei diritti dei figli anche di coppie gay e l'adozione di un certificato europeo
L'aula del Senato

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La commissione Politiche europee del Senato ha bocciato la proposta di regolamento che prevede la creazione di un certificato europeo di filiazione. Con 11 voti favorevoli e 7 contrari è stata approvata la risoluzione presentata da Fdi e sostenuta da tutta dalla maggioranza, che invita il governo a far valere il proprio veto nel Consiglio europeo che dovrebbe, o meglio avrebbe dovuto, dare il via libera.

Il nodo è costituito soprattutto dal rischio che ne potrebbe derivare di produrre un sorta di sanatoria, nel nostro Paese, per pratiche vietate dalla legge, come la maternità surrogata, una volta praticate all’estero in Paesi dove essa è consentita. «Alcune disposizioni contenute nella proposta, e in particolare l’obbligo di riconoscimento (e di conseguente trascrizione) di una decisione giudiziaria o di un atto pubblico, emessi da un altro Stato membro, che attestano la filiazione, e l’obbligo di riconoscimento del certificato europeo di filiazione - c’è scritto nel documento approvato - non rispettano i principi di sussidiarietà e di proporzionalità». Per la maggioranza, in particolare, la proposta di regolamento metterebbe in discussione le sentenze della Corte di Cassazione sulla maternità surrogata. La Commissione presieduta dall’ex ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant'Agata (di Fdi), ha invece bocciato le risoluzioni delle opposizioni presentate da Pd, M5S e Terzo Polo.

«No alla maternità surrogata e all'utero in affitto. La risoluzione ribadisce la nostra netta contrarietà a queste pratiche inaccettabili», rivendicano i senatori di Forza Italia Maurizio Gasparri e Pierantonio Zanettin. Nel corso delle audizioni in Commissione, in realtà, erano emerse valutazioni (ad esempio da parte del Garante per l’Infanzia) tendenti a escludere che tale certificato avrebbe prodotto conseguenze anche in relazione a pratiche vietate in Italia, come - appunto - la maternità surrogata. Ma, sottolineano Gasparri e Zanettin, «su una materia così delicata va adottato il principio di massima cautela. Solo l'ampio divieto di ricorrere alla maternità surrogata è in grado di evitare lo sfruttamento delle condizioni di fragilità delle donne. L'utero in affitto risulta lesivo della dignità della gestante, ma anche dello stesso bambino».

«Abbiamo provato in tutti i modi a evitare che fossero toccati i diritti dei minori, ma la maggioranza non ha voluto ascoltare, rinchiusa nel suo approccio ideologico. Creiamo un gravissimo precedente», ribatte Tatjana Rojc, capogruppo del Pd in commissione. «Difficile con questo approccio andare a Bruxelles chiedendo aperture su altro».

«Ormai siamo alla destra ungherese» commenta il deputato dem Alessandro Zan. Per la capogruppo Simona Malpezzi, quel regolamento proposto dall’Ue «non andava a intaccare per nulla ordinamenti e leggi italiane ma semplicemente faceva in modo che i figli, con uno status di figli in un determinato Paese della Ue, potessero avere lo stesso status nel Paese europeo dove si spostano con i loro genitori».

Bocciato anche un documento del M5s in cui si sosteneva che sarebb restato intatto «il divieto della gestazione per altri, considerata pratica contraria all’ordine pubblico». Per la capogruppo del M5s Barbara Floridia «la risoluzione della destra ci porta dritti dritti verso una Visegrad dei diritti». Con questa decisione «Giorgia Meloni e i suoi adepti si assumono una responsabilità clamorosa - commentano i senatori pentastellati Dolores Bevilacqua e Pietro Lorefice -, portare un Paese come l’Italia sull’asse di Orban e della Polonia sulla materia di diritti».

Ora, «se il governo italiano seguisse l'indicazione della commissione Politiche europee del Senato potrebbe bloccare il regolamento europeo gettando sul nostro Paese una gravissima responsabilità», attacca Yuri Guaiana di +Europa.

Si vedrà ora quale sarà la decisione che verrà adottata dal governo in ambito Ue, ma la linea della maggioranza appare ormai chiara e unitaria. Anche il Viminale attraverso una circolare inviata alle prefetture, stoppa le fughe in avanti che si stavano già realizzando. Il Comune di Milano ha interrotto le trascrizioni dei certificati di nascita esteri dei figli nati da coppie omogenitoriali in Italia. La sospensione arriva dopo una circolare del prefetto di Milano che ricalca analoga circolare di gennaio 2023 del Viminale. La prefettura, nel chiedere l'interruzione delle trascrizioni, fa riferimento alla legge 40 del 2004, quella sulla procreazione medicalmente assistita, consentita solo a coppie formate da persone di sesso diverso, mentre viene vietata la maternità surrogata.

Di fronte a questa circolare, il sindaco Beppe Sala - che nel giorno del pride, nel luglio 2022, aveva annunciato che il Comune di Milano avrebbe ricominciato a riconoscere i bambini e le bambine nate all'interno di una famiglia omogenitoriale- non ha potuto far altro che uniformarsi.Ma ora promette battaglia. Parla di «passo indietro evidente, sia dal punto di vista politico e sociale», Sala, che ha anche incontrato i rappresentanti delle coppie Lgbt, confermando che questa diventerà una sua «battaglia politica» con il governo. Ma per il consigliere comunale di Fdi Matteo Forte «Sala ha piegato il diritto alle sue battaglie ideologiche. Non è che si scopra oggi l'illegittimità di quell'atto rivendicato dal palco del Milano Pride».

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