venerdì 23 giugno 2017
Sigilli a bar, ristoranti, pizzerie e sale slot. Il procuratore Pignatone: criminalità organizzata inquina l'economia, ma non è opportuno modificare il 416 bis
Il procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone

Il procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone

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Una maxi operazione contro due presunte associazioni a delinquere è partita da Roma all'alba di oggi: 23 le persone finite in manette nel corso del blitz, che ha portato a sequestri di beni per 280 milioni di euro. Nelle province di Roma, Napoli, Milano e Pescara, i carabinieri del Comando provinciale capitolino, nel corso delle operazioni condotte anche con la partecipazione dei finanzieri del Nucleo polizia tributaria, hanno eseguito l'ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip presso il tribunale capitolino su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia, nei confronti delle 23 persone ritenute responsabili, a vario titolo, di appartenere a due distinte associazioni per delinquere finalizzate all'estorsione, l'usura, il riciclaggio, l'impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, e il fraudolento trasferimento di beni o valori. Decine le perquisizioni, tuttora in corso, e un decreto di sequestro di beni emesso dal tribunale di Roma, Sezione misure di prevenzione, su richiesta della procura, con i sigilli a esercizi commerciali (bar, ristoranti, pizzerie e sale slot), immobili, il sequestro di rapporti finanziari/bancari, auto e moto, società, quote societarie. La maxi-operazione scaturisce da un'indagine dei carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Roma, convenzionalmente denominata Babylonia, riguardante due sodalizi criminali in forte crescita sul territorio capitolino, con base a Roma e Monterotondo.

Pignatone: la criminalità organizzata inquina l'economia della città. «La criminalità organizzata è uno dei grandi problemi di Roma, per la enorme quantità di denaro di dubbia provenienza immesso nei circuiti dell'economia apparentemente legale». Così il procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, durante la presentazione, a Roma, dei risultati ottenuti nell'operazione che ha portato stamani a 23 arresti. Questo fenomeno, sottolinea Pignatone, «inquina l'economia, la moneta cattiva caccia quella buona, e rende difficile il lavoro per gli imprenditori onesti». Il procuratore evidenzia i risultati ottenuti nelle ultime settimane nel contrasto alla criminalità romana: da aprile a oggi i carabinieri hanno effettuato 118 misure cautelari e sequestrato 582 chili di cocaina, 519 di hashish, 150 di marijuana, oltre a numerose armi. Mentre la guardia di finanza, responsabile insieme ai carabinieri dell'operazione di oggi, nel solo mese di giugno ha arrestato 25 persone e sequestrato beni per 507 milioni di euro. «Queste cifre spiegano ragioni del mio apprezzamento per il loro lavoro», aggiunge Pignatone. «Non credo opportuno modificare la formula del 416 bis, perché secondo me così com'è è già sufficiente per contrastare sia i fenomeni di criminalità violenta, sia la mafia e la corruzione ad essa legata. Il procuratore nazionale ha un'opinione diversa e su questo sarà il legislatore a prendere una decisione», conclude.

Il procuratore aggiunto, Michele Prestipino, titolare dell'operazione, ha chiarito: «Le ricchezze vengono prodotte attraverso traffici prodotti sul territorio di Roma e provincia. Le condotte contestate agli indagati sono aggravate dal metodo mafioso. Le vittime non denunciano proprio per questo, per le intimidazioni subite. Il ruolo svolto da funzionari di banca risulta fondamentale per la commissione di questi reati».

Una morsa malavitosa cingeva la Capitale. Da un lato il gruppo di Gaetano Vitagliano, legato al clan camorristico degli Amato-Pagano e specializzato nel traffico internazionale di droga. Secondo gli inquirenti della Direzione distrettuale antimafia Vitagliano grazie al legame con il clan ha acquisito tantissimi locali tra Roma e Milano creando società fantasma allo scopo di "ripulire" denaro. Vitagliano utilizzava lo stesso metodo per il denaro della famiglia Siciliano: lo "ripuliva" mediante cambiali e assegni bancari emessi da imprenditori compiacenti.


L'altro gruppo criminale fa invece capo a Giuseppe Cellamare (elemento di spicco negli anni '90 della Sacra Corona Unita ed ex collaboratore di giustizia), legato al gruppo di Vitagliano attraverso l'imprenditore Andrea Scanzani, era particolarmente attivo nella zona di Monterotondo dove ha riprodotto il sistema
criminale utilizzato in Puglia e Campania.

Tra i locali sequestrati ci sono anche gli storici bar "Mizzica!", e il locale "Macao" di via del Gazometro frequentato da molti vip della Capitale. Oltre agli arresti ci sono 26 indagati a piede libero tra cui un notaio, tre commercialisti e alcuni dipendenti di banca infedeli.


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