giovedì 22 novembre 2018
L'accusa nei confronti del 22enne egiziano è di associazione con finalità di terrorismo internazionale: «Sono pronto alla guerra»
Preso presunto lupo solitario del Daesh
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«Sì, arriverà il momento in cui andrò a fare la guerra insieme a loro». Rispondeva così, il 22enne egiziano Issam Elsayed Elsayed Shalabi Abouelamayem, a chi gli chiedeva se si sentisse pronto per unirsi agli uomini del Daesh per compiere attacchi. Shalabi ignorava però di essere intercettato dall’Antiterrorismo della Polizia, che ieri lo ha tratto in arresto a Milano, con un blitz notturno delle teste di cuoio dei Nocs in un appartamento di via Meucci. Per lui, le accuse sono di associazione con finalità di terrorismo internazionale e istigazione e apologia per delitti di terrorismo. «Stava preparando il passaporto egiziano per partire», afferma il procuratore nazionale antiterrorismo Federico Cafiero de Raho, forse «per compiere attentati all’estero». Forsae, ritiene chi ha indagato, mossa, con un’azione non in Italia, ma in Francia. Il presunto «lupo solitario» sarebbe stato in contatto via web coi vertici del Daesh. Era disposto a pazientare finché non sarebbe arrivato l’ordine: «Se hai intenzione di fare un’operazione jihadista puoi chiederlo e stare anche un anno in attesa». Shalabi «è una figura di grandissimo spessore – prosegue de Raho –, autorizzato a disporre di comunicazioni che arrivano dal centro del sedicente Stato islamico». Altri due egiziani, di 21 e 23 anni, sono stati denunciati a piede libero. Il primo, Omar Mohamed Ibrahim, domiciliato nel Teramano, è destinatario di un decreto di espulsione. Il secondo, residente a Piacenza, è invece irreperibile. Si tratta di un 'insospettabile', dicono gli inquirenti: incensurato, lavorava regolarmente come operaio nel settore della logistica. La Digos di Piacenza nella notte ha perquisito l’abitazione dove viveva con alcuni parenti, in un quartiere alle porte del centro storico. Ma lui non c’era, forse – ragiona un investigatore – si trova in patria.

Dall’Abruzzo a Milano. Nel dicembre del 2017, l’intelligence ha segnalato un’utenza telefonica italiana presente in un canale chiuso di Telegram, frequentato da jihadisti. A quel punto, le indagini della Polizia hanno portato a Shalabi, «figura carismatica » di un gruppetto di tre giovani «radicalizzati, con sentimenti di odio verso l’Occidente». All’epoca, il 22enne lavorava a Colonnella (Teramo) per una ditta che puliva il McDonald’s locale. Poi si è spostato a Cuneo e infine a Milano, dove ha trovato un lavoro in nero per un’azienda di lavori stradali. Poi ha iniziato a muoversi come un «soldato irregolare» del Califfato, cambiando 4 case in due mesi: «L’abbiamo monitorato per 24 ore al giorno – racconta il direttore della Polizia di prevenzione Lamberto Giannini –. Temevamo che potesse colpire da un momento all’altro».

Propaganda d’odio. La Polizia postale ha intercettato centinaia di comunicazioni via web, passando al setaccio 110mila screenshot e oltre 1.700 file audio, fra cui i sermoni di imam radicali e un bando per reclutare soldati per lo Stato Islamico. «Io voglio che la legge di Allah copra tutta la Terra», diceva in un dialogo intercettato Shalabi, che gestiva le password che arrivavano direttamente da 'Amaq', l’agenzia stampa del Daesh. E ai primi di luglio avvertiva: «Ognuno di noi si muove per conto proprio... Ognuno percorre la via più conveniente ». Gli investigatori l’hanno ascoltato mentre commentava il video di una donna uccisa in una vasca da bagno: «Se io sgozzo, la sgozzo lì, vedrei il suo sguardo».

Il «fronte di casa nostra». Sono scattate perquisizioni in Abruzzo, Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte, per stabilire quanto la propaganda del Daesh abbia inciso in ambienti radicalizzati nostrani. Questa indagine, conclude il direttore dell’Antiterrorismo internazionale della Polizia Claudio Galzerano, «dimostra che il fronte è anche dentro casa nostra».

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